La Bolivia interrompe le relazioni con Israele; Cile e Colombia richiamano gli ambasciatori per consultazioni

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L’America Latina fa sentire forte la sua voce contro i crimini e la mattanza compiuta da Israele nella Striscia di Gaza.

Il governo boliviano ha deciso martedì - grazie anche alle forti richieste provenienti dall’ex presidente Evo Morales che invitava il governo a muoversi in tal senso - di rompere le relazioni diplomatiche con Israele per i crimini contro l'umanità commessi contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza. La Paz ha inoltre annunciato l'invio di aiuti umanitari.

La decisione è stata comunicata dal ministro della Presidenza e ministro degli Esteri ad interim, María Nela Prada, e dal vice ministro degli Esteri, Freddy Mamani, in una dichiarazione alla stampa nella Casa Grande del Pueblo. 

"Nel quadro della sua posizione di principio di rispetto della vita, inviamo questa comunicazione ufficiale allo Stato di Israele, in cui rendiamo nota la nostra decisione, come Stato Plurinazionale della Bolivia, di rompere le relazioni diplomatiche con Israele", ha dichiarato il ministro.

Il presidente Luis Arce ha incontrato lunedì l'ambasciatore della Palestina, Mahmoud Elalwani, e gli ha fatto presente il rifiuto di quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza contro il popolo palestinese.

Come Arce, il ministro Prada ha chiesto la fine degli attacchi alla Striscia di Gaza e ha respinto "il trattamento ostile di Israele nei confronti degli operatori umanitari internazionali nella Striscia di Gaza, ai quali vengono negati i visti per il lavoro che la comunità internazionale ha delegato loro".

Di fronte a questa aggressione, Prada ha ribadito la posizione dello Stato Plurinazionale della Bolivia di condannare "le chiare violazioni del diritto internazionale umanitario", come denunciato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, in Consiglio di Sicurezza, e il suo appello "per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza".

"Coerentemente con la nostra politica pacifista, che è inquadrata nell'articolo 10 della Costituzione politica dello Stato, e in accordo con quanto dichiarato dal nostro presidente Luis Arce alla 77esima e 78esima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2022 e 2023, in merito alla dichiarazione del mondo come zona di pace, chiediamo il dialogo e soluzioni strutturali che rispettino la vita e quindi evitino un'ulteriore escalation del conflitto a livello mondiale", ha affermato il dirigente politico boliviano.

A tal fine, ha invitato la Comunità degli Stati dell'America Latina e dei Caraibi (Celac), l'Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur) e l'Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America - Accordo Commerciale dei Popoli (ALBA), tra gli altri, a "produrre" azioni collettive per trovare "soluzioni strutturali ai conflitti".

Ma anche per chiedere "sanzioni contro i responsabili dei crimini di guerra che si stanno commettendo contro il popolo palestinese, non da ora, ma da molti, molti anni, e per evitare il genocidio".

"Raggiungiamo una soluzione strutturale attraverso il riconoscimento dello Stato palestinese", ha detto, una decisione a cui Israele si oppone.

Nell'occasione, Prada ha annunciato che lo Stato Plurinazionale invierà aiuti umanitari alle persone colpite nella Striscia di Gaza.

Ha inoltre annunciato che l'ambasciata boliviana nei Paesi Bassi prenderà provvedimenti per garantire che lo Stato plurinazionale fornisca assistenza allo Stato di Palestina.

In un’intervista rilasciata all’emittente russa RT, il viceministro degli Esteri della Bolivia, Freddy Mamani, ha ribadito che la decisione boliviana è arrivata perché Tel Aviv non rispetta il diritto umanitario. 

Mamani ha sottolineato che il suo Paese ha preso la decisione di interrompere le relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele "perché Israele non ha rispettato il diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, in particolare il diritto umanitario internazionale".

Ha sottolineato che la Bolivia chiede la fine degli attacchi nella Striscia di Gaza, che hanno causato migliaia di vittime civili dall'inizio delle ostilità il 7 ottobre. Ha inoltre denunciato che l'alto numero di morti e feriti può essere considerato un "genocidio" contro il popolo palestinese.

Secondo il Ministero della Sanità della Striscia di Gaza, il bilancio delle vittime dall'inizio degli attacchi israeliani è salito a 8.306 persone, tra cui 3.457 bambini e 2.136 donne. Altre 21.048 persone sono rimaste ferite. 

Parlando a RT, l'ambasciatore della Bolivia in Russia, María Luisa Ramos, ha dichiarato che la Bolivia compirà inoltre i "passi necessari" per stabilire relazioni diplomatiche con lo Stato di Palestina attraverso una missione in Europa. Ha inoltre sottolineato che il suo Paese cercherà meccanismi per far arrivare al più presto gli aiuti umanitari alla Palestina.

"Con questa decisione, la Bolivia fa una dichiarazione al mondo e spera che anche altri meccanismi internazionali possano unirsi a questa misura, perché la Palestina ha sicuramente il diritto all'autodeterminazione", ha detto l'ambasciatrice, sottolineando la manipolazione delle informazioni nei media su ciò che sta realmente accadendo nell'enclave.

Lula: “Basta! Per l'amor di Dio, basta!”

Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha espresso la sua tristezza per la morte di "3.000 bambini" nella Striscia di Gaza "in una guerra di cui non hanno la responsabilità", criticando al contempo il rifiuto dei colpevoli di assumersi la responsabilità di questi crimini.

"Stiamo assistendo, per la prima volta, a una guerra in cui la maggior parte dei morti sono bambini", si legge in parte del messaggio che Lula ha scritto sul suo account X, in cui ha anche ironicamente lamentato la mancanza di empatia degli "irresponsabili" che hanno scatenato l'aggressione.

Allo stesso modo, il presidente ha lanciato la sua accusa affermando che "nessuno si assume la responsabilità" di questi eventi e che i Paesi del mondo sono incapaci di "presentare una lettera convincente alle Nazioni Unite per un cessate il fuoco".

"Basta, per l'amor di Dio, basta", ha quindi esortato.

La Colombia richiama il proprio ambasciatore

Il presidente della Colombia, Gustavo Petro, che già aveva condannato con parole forti i crimini compiuti da Israele a Gaza, ha richiamato l'ambasciatrice del paese sudamericano in Israele, Margarita Eliana Manjarrez Herrera, per analizzare la posizione del suo governo nel quadro dell'assedio dello Stato ebraico contro la popolazione civile palestinese.

"Se Israele non ferma il massacro del popolo palestinese, non possiamo essere presenti", ha detto il presidente il suo account sul social network X.

Petro ha deciso di convocare il suo ambasciatore in seguito al vile attacco militare dell'esercito israeliano nel campo di Jabalia, dove 50 persone sono state uccise e più di 150 ferite.

Sulla stessa linea di Petro il governo cileno guidato dal presidente Gabriel Boric.  "Di fronte alle inaccettabili violazioni del diritto umanitario internazionale commesse da Israele nella Striscia di Gaza, il governo cileno ha deciso di richiamare l'ambasciatore cileno in Israele, Jorge Carvajal, a Santiago per consultazioni", ha dichiarato martedì Boric sui suoi social network. 

 

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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