Jacques Baud: "Al contrario degli Usa, in Europa i leader non hanno veramente capito il rischio nucleare"
di Giacomo Gabellini per il canale Youtube Il Contesto
Nel corso delle ultime settimane, droni ucraini hanno preso di mira due strutture radar che costituiscono parte integrante della rete strategica di allerta precoce della Russia e il suo danneggiamento, anche temporaneo, deteriora la capacità del Paese di rilevare con il dovuto tempismo minacce atomiche in attivo. Parallelamente, a coronamento delle pressioni esercitate dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, una componente maggioritaria dell’Alleanza Atlantica ha autorizzato urbi et orbi l’Ucraina ad avvalersi di sistemi d’arma occidentali per perpetrare attacchi in profondità in territorio russo. Polacchi e baltici hanno addirittura manifestato piena disponibilità a inviare ufficialmente proprie truppe a combattere in territorio ucraino. Questo clima ha conferito autorevolezza alle posizioni espresse mesi fa da alcuni accademici russi di primissimi piano quali Sergeij Karaganov e Dmitrij Trenin, secondo cui l’impiego dell’arma atomica in Ucraina rappresentava una delle poche opzioni a disposizione del Cremlino per spingere l’Occidente a fare un passo indietro. La questione è stata approfondita in occasione del recente Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, nel corso del quale Putin ha ripetutamente respinto al mittente le argomentazioni addotte da Karaganov a sostegno dell’adozione della linea dura da parte della Russia. Verso quale scenario ci stiamo muovendo, e quale logica orienta le mosse dell’Occidente per un verso e della Federazione Russa dall’altro?
Cerchiamo di comprenderlo assieme a Jacques Baud, saggista ed ex colonnello dell’intelligence svizzera specializzato in questioni russe ed europee, con impieghi presso la Nato e le Nazioni Unite.