“Il crollo”, il paradosso della tolleranza e i cavalieri senza testa del 15 marzo
di Michelangelo Severgnini
Una leggenda che affonda nelle saghe nordiche, poi ripresa da altri autori in seguito, narra di un cavaliere senza testa che nel bel mezzo della battaglia si ritrova, di solito a cavallo, a continuare il combattimento sia pur privo della parte pensante del corpo. In questo modo semina il terrore tra i nemici ma pure lo sgomento tra i compagni di battaglia.
Le élite europee in queste settimane sono come il cavaliere senza testa della leggenda, continuano il combattimento prive di una parte essenziale, seminando terrore e sgomento tra le fila di compagni e avversari.
Fuor di leggenda, le élite europee si sono ritrovate d’improvviso senza quel punto di riferimento che per decenni le ha coltivate e nutrite, che ha guidato i loro passi e ha sorretto ogni loro gesto.
D’improvviso, come il cavaliere senza testa, si ritrovano ora a dover continuare la battaglia alla cieca, senza mai venir meno alla missione pre-stabilita.
Però alla cieca, senza una guida.
Emanuel Macron potrebbe rappresentare un braccio del cavaliere, Keir Starmer l’altro braccio, Ursula Von der Leyen una spalla, l’altra spalla Mark Rutte e via via gli altri. Sono parti importanti del corpo di un cavaliere, ma non sono la testa.
La testa è saltata. Il Presidente degli Stati Uniti, che ha sempre rappresentato la testa di questo schema, non è più al suo posto. E’ saltata e sta seguendo una sua orbita lontana dal corpo.
Il corpo ormai acefalo potrebbe cedere di colpo e stramazzare al suolo. Oppure, come nella leggenda, continuare a combattere.
Per ora questa è la decisione.
Incapaci di reinventarsi un ruolo, le élite europee rilanciano l’unica azione di cui sono capaci, perché è quella per cui sono state coltivate, quella di combattere a est, anche se ora un mandante non c’è più, anche se non c’è più una testa a ordinare quella azione.
Le destre e le sinistre continentali, dalla caduta dell’Unione Sovietica, sono state coltivate su due presupposti falsi: che l’Europa fosse un'oasi di pace e diritti e che al contempo fosse uno dei poliziotti del mondo, autorizzata a fare irruzione senza permesso né preavviso in qualsiasi Paese del mondo.
Le sinistre hanno creduto al primo mito. Le destre al secondo.
Ora, il cavaliere senza testa, pur privo degli occhi, si rende conto all’improvviso che l’Europa non è mai stata un’oasi di pace e diritti, perché è stata il motore di numerose guerre recenti e essa stessa il motivo dell’espansione a Est che ha portato l conflitto. Ma non è mai stata nemmeno un poliziotto mondiale. Facile attaccare e occupare indiscriminatamente Paesi come l’Afghanistan o l’Iraq o la Libia a rimorchio degli Stati Uniti. Facile mandare missioni di pace in Kosovo dopo il passaggio dei bombardieri americani.
Non è un caso che siano oggi i generali a frenare davanti all’ipotesi del riarmo e del confronto bellico con la Russia. Loro che stavano sul campo lo sanno che quelle a cui ha partecipato il nostro esercito negli ultimi decenni non erano guerre vere. E ora, che una guerra vera è all’orizzonte, frenano. Se non sono degli eroi, come non lo erano prima, perlomeno mantengono il buon senso.
Questa bolla sta per scoppiare, la Storia sta per porgere il conto.
La verità è che siamo stati sempre una società in guerra, soprattutto in guerra contro i più deboli e indifesi tra gli altri Paesi.
Ora che l’ultima goccia sta per essere spremuta, la “società aperta” sta per mostrarsi per quella che è sempre stata, un’ipotesi occidentale e nulla più. Non era un’ipotesi universale, non lo è mai stata.
E come tutte le ipotesi formulate con la pretesa di valore universale, segue una logica destinata alla sopraffazione dell’altro. Portare la “Civiltà” è stato sempre il nostro vizio occidentale.
Prendiamo ad esempio il “paradosso della tolleranza” formulato dal filosofo Karl Popper sulla fine della seconda guerra mondiale. Noi siamo la società della Tolleranza, ma che fare nei confronti degli intolleranti? Se fossimo tolleranti con gli intolleranti, gli intolleranti finirebbero per seminare l’intolleranza anche tra i tolleranti. Pertanto, la soluzione del paradosso è: intolleranza con gli intolleranti.
Fallendo di essere un postulato universale, questo paradosso diviene oggi il dispositivo logico che innesca e guida l’azione del cavaliere senza testa. Non sa cosa sta facendo, non sa dove dovrà colpire, ma sa una cosa: intolleranza contro gli intolleranti.
Tuttavia gli “intolleranti” sono una nostra proiezione, da noi così definiti. Perché siamo sempre noi ad emettere il giudizio, non un tribunale terzo. Di conseguenza, chiunque minacci il nostro sistema è un intollerante. Pertanto passibile di intolleranza.
L’Occidente è caduto dunque in un altro paradosso. Senza essersene accorto. Ed è tornato così all’antico vizio, quello di voler imporre il proprio sistema. Non era la Nato ad espandersi a Est, era la Russia ad essere intollerante e ad impedire il naturale corso della Storia, dove la “società aperta” dovrà prendere il sopravvento “per definizione” su tutto il resto.
La “società aperta” è stata un grande bluff. E la convocazione della piazza il 15 marzo a Roma ne è l’epifania storica. Non è mai stata un’Europa di pace e non è mai stata davvero nemmeno un’Europa pronta per fare la guerra, quella vera.
Gli apostoli dei diritti umani a gettone si daranno appuntamento, come cavalieri senza testa, chiedendosi se con la chiusura del programma USAID troveranno ancora le risorse per portare avanti questa battaglia. Non ci sono soldi per le armi, figurati per gli intellettuali.
La difesa dei privilegi, questa è l’unica Difesa che hanno veramente in testa. E lo dimostrano bene nelle loro esternazioni da élite culturale con la prospettiva concreta di cadere in disgrazia.
L’Europa dal basso non è mai esistita. Perlomeno non è stata ancora veramente interpellata. E’ stato un lungo racconto di fantasia seguito da un lungo sonno.
Il 14 e 15 marzo sarà proiettato a Bolzano e Trento “Il crollo”, ultimo documentario prodotto dall’AntiDiplomatico di cui sono autore. E la concomitanza non poteva essere più felice.
Partendo dalle riprese inedite che girai a Genova durante il G8 del 2001, racconto il crollo politico e morale della sinistra da allora a oggi.
No, non avevamo ragione noi. Stavamo solo entrando nel tunnel distopico dove consenso e dissenso sono figli dello stesso padrone.
Bolzano: venerdì 14 marzo ore 20, sala Videodrome, Bolzano.
Trento: sabato 15 marzo ore 20, presso Sala Polivalente A. Perini, via Guido Poli, 6, Mattarello (TN)
IL CROLLO - diario genovese di quei giorni del 2001 al G8
(67’, 2024)
Guarda il trailer: https://www.youtube.com/watch?
Una produzione de L’AntiDiplomatico
Un film documentario di Michelangelo Severgnini
Scritto e montato da Michelangelo Severgnini
Musiche dei Krosmos
Con le riprese inedite girate dall’autore al G8 di Genova nel luglio 2001.
Sinossi:
Il crollo pilotato di una generazione, per auto-sabotaggio, che spense la fiamma no-global prima che divampasse l'incendio.
Un crollo che lasciò in piedi una sola sinistra: la sinistra della NATO, anti-rivoluzionaria, orfana dell’URSS e bisognosa di filantropi.
La sinistra della militanza a gettone, di un altro mondo possibile finché arriva lo stipendio.
24 anni e diversi finanziamenti dopo, i leader di quel movimento no-global sono ora globalisti, fact-checkers, guerrafondai anti-russi, sostenitori delle rivoluzioni colorate, dei certificati vaccinali e della schiavitù.
La reazione spropositata delle forze dell'ordine fu la trappola dove pensatori nell'ombra, cripto-finanziati dal capitale, hanno condotto i corpi e le menti del movimento.
Una generazione che ha inaugurato un paradigma: giocare a salvare gli sfruttati con i soldi degli sfruttatori.
Una generazione che ha trasformato l'anti-fascismo nella difesa delle ZTL.
Una generazione che ha conquistato il castello vendendosi al castellano.
Una generazione che ha preferito cambiare il nome alle cose, piuttosto che cambiare le cose.