Guinea-Bissau: una semi democrazia afflitta da povertà, corruzione e narcotraffico

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Guinea-Bissau: una semi democrazia afflitta da povertà, corruzione e narcotraffico

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di Paolo Arigotti

La Guinea-Bissau è uno Stato dell'Africa occidentale, tra i più piccoli del continente, che affaccia sull’oceano Atlantico, con una superficie che equivale all’incirca a quella di Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta messe assieme.

A lungo colonia portoghese – col nome di Guinea portoghese – dichiarò l’indipendenza nel 1973, ottenendo il riconoscimento internazionale l’anno seguente, pure della ex madre patria, che nel frattempo usciva dal regime salazarista (sopravvissuto al suo fondatore) grazie alla rivoluzione dei garofani. In realtà, la lotta per l’indipendenza nazionale era iniziata circa venti anni prima, sotto l’egida del PAIGC (Partido Africano da Independência da Guiné e Cabo Verde), che aveva dato vita a una vera e propria resistenza armata, sostenuta da URSS, Cina e altre nazioni africane. Conseguita l’agognata indipendenza nazionale, come nome ufficiale del nuovo stato fu scelto quello di Guinea Bissau, dal nome della capitale, per distinguersi dalla vicina Guinea (ex colonia francese), che assieme al Senegal è l’unico altro stato confinante.

La nuova repubblica fu retta da un consiglio rivoluzionario, controllato dal PAIGC, a lungo partito unico, con un fallimentare tentativo di dare vita a una sorta di esperimento socialista in salsa africana, sulla falsa riga di altri paesi della ex Lusosfera. Le prime elezioni multipartitiche si sarebbero celebrate solo negli anni Novanta, più che altro per effetto delle pressioni delle istituzioni internazionali – come FMI e Banca mondiale – che subordinarono la concessione di nuovi aiuti all’adozione di un regime democratico.

Nonostante l’avvento del pluralismo, il PAIGC rimase al potere fino al 1998, quando un colpo di stato rovesciò il presidente João Bernardo Vieira, al quale seguì una guerra civile durata circa un anno, che fece contare centinaia di morti e migliaia di sfollati. La situazione politica rimase instabile anche negli anni successivi: nel 2003 un nuovo colpo di stato defenestrò un altro presidente - Kumba Ialá – deposto perché ritenuto incapace di assolvere al suo ufficio: Ialà era stato il primo presidente a relegare all’opposizione l’ex partito unico PAIGC.

Nel 2005, dopo una lunga fase di instabilità, il popolo fu chiamato alle urne per scegliere un nuovo capo dello Stato: a vincere contro Ialà, ripresentatosi alle elezioni, fu proprio quel Vieira deposto dal golpe del 1998. Nonostante i disordini e le accuse di brogli da parte degli avversari, Vieira fu riconosciuto il legittimo vincitore e si insediò nuovamente alla presidenza della Repubblica. Ma il suo mandato non si concluderà felicemente, perché nel 2009 un attentato ordito da un gruppo di militari ribelli ne provocherà la morte. Seguirono nuovi disordini e il golpe del 2012, fino ad arrivare alla presidenza di José Mario Váz, al potere dal 2014 al 2020. Le ultime elezioni si sono celebrate nel febbraio 2020, con la vittoria dell’ex premier e militare Umaro El Mokhtar Sissoco Embaló, proveniente dalle fila del Partito Madem G15.

In base alla Costituzione, il potere legislativo compete all’Assemblea del popolo, anch’essa eletta a suffragio universale e diretto. In realtà, per quanto già negli anni Novanta si fosse avviato un processo di democratizzazione, nel paese rimane una forte instabilità politica e sociale, e ancora oggi sopravvivono pratiche autoritarie, con una forte l’influenza dei militari. Di recente uno scontro istituzionale si è consumato tra Embalò e il parlamento riguardo alcuni accordi col Senegal per lo sfruttamento di giacimenti petroliferi. Il presidente in carica è stato osteggiato anche per aver provato a troncare alcuni dei mali atavici del paese, come la corruzione e il narcotraffico, ma gli ultimi tentativi di sollevazione nei suoi confronti sono falliti e le ultime elezioni generali si sono svolte regolarmente.

Nonostante la scarsa estensione territoriale e una popolazione di circa due milioni di abitanti, la Guinea Bissau presenta una grande varietà etnica al suo interno con più di venti ceppi presenti nelle diverse regioni. I bianchi e i meticci sono in assoluta minoranza, anche perché gli ex padroni coloniali lasciarono il paese dopo la dichiarazione d’indipendenza. La lingua ufficiale rimane portoghese, ma la gran parte degli abitanti parla idiomi locali e solo un quarto di loro dichiara di conoscere la lingua degli ex padroni coloniali.

Le fedi religiose prevalenti sono quella animista e l’islam, anche se esiste un’importante minoranza cristiana, e non si segnalano scontri dovuti a motivi religiosi. Una curiosità riguarda le isole delle Bijagos, arcipelago al largo della costa atlantica, dove ancora oggi sopravvive una società di tipo matriarcale, nella quale sono le donne a scegliersi il marito, il quale poi è obbligato a sposarle, con tanto di rito officiato da sacerdotesse.  Una legge del 2018 impone che alle donne siano riservati almeno il 36 per cento dei seggi dell’assemblea parlamentare nazionale, ma ancora oggi molti diritti civili subiscono forti limitazioni (come quelli ereditari).

Non va meglio sul versante della libertà di stampa: reporter senza frontiere denuncia intimidazioni e minacce, che spingono molti giornalisti all’autocensura. Nel paese esiste una sola emittente televisiva di stato, cui si affiancano varie radio private. Ultimamente i controlli sull’informazione sembrano essersi allentati, ma permangono condizioni critiche; nel 2017 i giornalisti dell’emittente di stato hanno dichiarato di non voler più accettare alcuna forma di censura.

L’economia del paese è tutt’altro che florida: la Guinea Bissau resta, secondo tutti i principali indicatori, uno dei paesi più poveri del continente e del mondo. Un quarto della popolazione vive sotto la soglia di povertà, con meno di 2,15 dollari al giorno; PIL e prodotto pro-capite confermano la condizione di sottosviluppo, mentre per Indice di Sviluppo Umano la Guinea Bissau occupa il 177esimo posto, su 191 stati (2023).

Non vanno meglio i numeri su aspettativa di vita e mortalità infantile, mentre l’età media è piuttosto bassa: si stima che circa i due quinti degli abitanti abbia meno di 15 anni, circa due terzi sta sotto i 30. Nei progetti di sviluppo finanziati da FMI e Banca mondiale si punta molto sullo sviluppo di welfare e istruzione, in un paese che ancora a inizio millennio aveva tassi di analfabetismo superiori al 50 per cento. In un report del 2022, il FMI riconosce tuttavia gli sforzi del governo per la ripresa economica post pandemica e l’incremento dell’occupazione, invitando a proseguire sulla strada delle riforme, in particolare nella lotta alla corruzione.

La Guinea Bissau ha un territorio quasi del tutto pianeggiante – le maggiori alture non superano i duecento metri – coperto da foreste pluviali (considerate in parte sacre dalla popolazione) e nelle zone interne dalla tipica savana africana, con un clima di tipo tropicale e una temperatura media annua di circa 25 gradi.

L’economia si fonda sul settore primario, le uniche coltivazioni destinati all’esportazione sono quelle di anacardi, principale fonte di valuta estera. Eppure, il settore agricolo si presterebbe a un maggiore sfruttamento. Esistono buone risorse idriche e a fronte di 1,6 milioni di ettari di terreni coltivabili (quasi la metà della superficie totale del paese) solo il 18 è reso produttivo. A mancare sono gli investimenti, fermi all’un per cento del PIL, e il fatto che – a parte anacardi e poco altro – l’economia è ancora prevalentemente di sussistenza.

L’unico centro urbano di una qualche importanza è la capitale Bissau e la maggior parte degli abitanti vive nelle campagne, dove la vita si basa sulla tabanca, un villaggio formato da una o più moranças, i gruppi familiari allargati: al campo collettivo, controllato dalla comunità delle famiglie, si affiancano quelli gestiti dai singoli nuclei.

A partire dagli anni Novanta non sono mancati scontri e tensioni tra le tradizionali comunità di villaggio, che si sono viste riconoscere per legge (in particolare, con quella fondiaria del 1998) diritti e usi civici, e gli investitori mossi da interessi speculativi, incarnati dalla élite politica e dalle famiglie benestanti: questi ultimi, difatti, sono stati sempre percepiti come estranei e attentatori alle tradizioni e interessi delle società rurali.

Il fenomeno è stato acutizzato dalla variegata composizione etnica della popolazione, dove ciascun gruppo vanta propri usi e consuetudini, che mal si prestano a qualunque tentativo di uniformizzazione; non sono mancati, da parte della suddette élite, i tentativi di strumentalizzare a propri fini queste divisioni. Un altro problema col quale la Guinea Bissau deve fare i conti per lo sviluppo della propria agricoltura è quello dovuto ai (presunti) cambiamenti climatici: nel 2019 il paese era la 179° posto per indice ND-GAIN, che misura la vulnerabilità di una nazione a livello globale.

Non mancherebbero le risorse minerarie (petrolio, bauxite e fosfati), ma la mancanza di risorse finanziarie per le infrastrutture (come strade e ferrovie) e le devastazioni sociali provocate dalle diverse fasi d’instabilità politica ne hanno frenato lo sviluppo. L’industria si limita ad attività artigianali e/o di trasformazione, mentre la moneta ufficiale è il franco CFA.

A partire dalla fine dello scorso millennio, diverse organizzazioni internazionali si sono insinuate nelle vicende interne della Guinea Bissau: tra queste ricordiamo l’ECOWAS (organizzazione regionale a trazione nigeriana), ma pure ONU, UE, Unione Africana, Comunità dei paesi di lingua portoghese (CPLP).

Il problema è che nessuna di loro si è mai seriamente impegnata a coordinare le proprie azioni con le altre e, soprattutto, tutte hanno agito più in funzione di interessi egoistici, che di quelli della piccola nazione africana. Anche la Cina è presente, per esempio col finanziamento del nuovo edificio del parlamento di Bissau e con numerosi altri investimenti in vari settori economici (telefonia e prodotti agricoli); Pechino, inoltre, nel 2001 decise la cancellazione parziale del debito guineano. In merito al conflitto russo ucraino, la Guinea Bissau – in qualità di presidente di turno dell’Ecowas – ha dichiarato nel 2022 la piena disponibilità a una mediazione per la risoluzione del conflitto.

L’Italia intrattiene rapporti con la Guinea Bissau più che altro sul fronte della cooperazione, nel quadro degli interventi patrocinati da ONU e agenzie specializzate nei settori sanitario e agricolo; nella penisola sono aperti due consolati del paese africano, a Roma e a Milano, cui rivolgersi anche per eventuali viaggi. Tuttavia, pur non mancando le attrattive, a cominciare dalle belle spiagge atlantiche, la Guinea Bissau non è una meta turistica molto gettonata, sia per la carenza di infrastrutture e assistenza medica, che per la tormentata storia politica degli ultimi decenni, tanto che la Farnesina sconsiglia i viaggi non indispensabili.

Per continuare a parlare di economia, dopo aver accumulato un importante debito con l’estero, la Guinea Bissau è divenuta anche un punto di transito per i traffici di droga latino-americana (specie colombiana); nel 2008 l’ufficio specializzato delle Nazioni Uniti la dichiarò il primo narco stato del continente africano. I traffici illeciti hanno coinvolto alte personalità politiche e militari, tanto che diversi analisti ritengono che proprio gli interessi collegati agli stupefacenti sarebbero stati all’origini dei disordini politici e colpi di stato del 2009 (compresa la morte del presidente Veira) e del 2012. Molti di questi fatti sono stati brillantemente romanzati da Dafé, uno degli autori africani più talentuosi, che ha pubblicato nel 2022 “A Cidade que Tudo Devorou” ??(La città che divorò tutto).

Venendo alle conclusioni, la storia della Guinea Bissau, della quale vi abbiamo voluto offrire solo un breve spaccato, riprende uno scenario già visto mille volte nel contesto africano. Un sunto efficace lo ha fatto l’analista sudafricano Rick de Satgé: “Il paese ha risorse naturali diverse e preziose e potenziale turistico. Data la ricca base patrimoniale del paese, la popolazione della Guinea Bissau non dovrebbe essere povera. La politica post-indipendenza si è invece incentrata sulle lotte di potere delle élite che hanno lasciato la maggioranza della popolazione impoverita e vulnerabile.”

Nulla da aggiungere.

FONTI

www.treccani.it/enciclopedia/guinea-bissau

www.britannica.com/place/Guinea-Bissau

eamond.com/classifica-isu-2023/

www.worldbank.org/en/country/guineabissau

www.consolatoguineabissau.it/

dakar.aics.gov.it/home/paesi/guinea-bissau/guinea-bissau-contesto/

www.eda.admin.ch/eda/it/dfae/rappresentanze-e-consigli-di-viaggio/guinea-bissau/consigli-viaggio-guinea-bissau.html

hls-dhs-dss.ch/it/articles/003445/2006-03-08/

landportal.org/book/narratives/2022/guinea-bissau

www.cfr.org/blog/guinea-bissau-prepares-presidential-runoff-election

www.africarivista.it/guinea-bissau-embalo-annuncia-composizione-nuovo-governo/220428/

repositorio.ual.pt/bitstream/11144/5693/1/20-PT-vol13-n2-art15.pdf

www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpos.2023.1078771/full

www.bbc.com/news/world-africa-13443186

tgverona.telenuovo.it/attualita/2023/10/05/round-table-per-la-guinea-bissau-arriva-il-primo-reparto-di-terapia-intensiva-video

www.africanews.com/2017/09/08/guinea-bissau-state-tv-employees-kick-against-rising-govt-censorship/

www.imf.org/en/Publications/CR/Issues/2022/06/26/Guinea-Bissau-2022-Article-IV-Consultation-and-Third-Review-under-the-Staff-Monitored-520008

ilmanifesto.it/in-guinea-bissau-il-golpe-stavolta-fallisce

www.africarivista.it/guinea-bissau-tentato-golpe-capo-di-stato-accusa-narcotraffico/197138/

www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/02/guinea-bissau-sparatoria-vicino-al-palazzo-del-governo-morti-e-feriti-nel-tentato-golpe-video/6477836/

ilmanifesto.it/nella-storia-della-guinea-bissau-un-insopprimibile-desiderio-di-liberta

www.africarivista.it/guinea-bissau-embalo-a-kiev-invoca-la-pace-con-la-russia/208676/

www.limesonline.com/tag/guinea-bissau

www.limesonline.com/cartaceo/le-afriche-giocano-per-se

www.limesonline.com/cartaceo/lafrica-e-strategica-per-gli-stati-uniti-ma-non-la-capiamo

 

 

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