Cosa prevede l'accordo sulla "tregua umanitaria" a Gaza

Cosa prevede l'accordo sulla "tregua umanitaria" a Gaza

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di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

 

Finalmente le armi taceranno a Gaza, anche se solo per quattro giorni. Il Qatar ha annunciato mercoledì mattina un accordo storico tra Israele e la resistenza palestinese per lo stop temporaneo dei combattimenti e il rilascio dei prigionieri di entrambe le parti, per lo più donne e minori. La svolta arriva dopo 47 giorni di feroci combattimenti in cui l’IDF ha preso di mira civili, abitazioni, chiese e moschee, scuole, ospedali e sedi ONU. Gli attacchi indiscriminati hanno provocato oltre 14mila morti, tra cui 5.860 bambini uccisi dai raid israeliani. Tra le vittime di Israele ci sono 108 membri dell’UNRWA, una cinquantina di giornalisti – alcuni presi di mira assieme alle loro famiglie – e operatori sanitari. Le trattative per la pausa umanitaria sono state mediate da Qatar, Egitto e Stati Uniti, che grazie alla loro iniziativa diplomatica hanno giocato un ruolo protagonista nei negoziati.

Cosa prevede l’accordo

L'accordo tra Israele e il Movimento Resistenza Islamica (Hamas) prevede il rilascio di 50 donne e bambini civili attualmente prigionieri nella Striscia di Gaza in cambio di donne e bambini palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. In base a quanto si apprende dall’annuncio ufficiale del Ministero degli Esteri del Qatar, l'orario di inizio della pausa verrà comunicato entro le prossime 24 ore e durerà quattro giorni. E’ prevista una proroga del cessate il fuoco. I prigionieri non verranno liberati tutti in blocco, ma in gruppi di 10-12, per tutta la durata della tregua. Il numero delle persone rilasciate sarà aumentato nelle fasi successive dell'attuazione dell'accordo. Sono previste visite della Croce Rossa ai prigionieri non ancora rilasciati, nonché una fornitura di medicinali, scrive Hareetz. La pausa umanitaria consentirà inoltre l’ingresso di un numero maggiore di convogli e forniture di aiuti, compreso il carburante destinato ai bisogni umanitari.

Hamas ha aggiunto alcuni importanti dettagli sulle condizioni dell’accordo, che prevede:

  • lo stop totale delle azioni di guerra, incluso i movimenti di veicoli militari;
  • stop totale ai voli, inclusi quelli di ricognizione. I droni si fermeranno per quattro ore sei ore al giorno nel nord di Gaza, dalle 10 alle 16 ora locale, per tutto la durata della tregua nel resto dell'enclave;
  • durante il periodo di tregua Israele “si impegna a non attaccare né arrestare nessuno in tutte le aree della Striscia di Gaza”;
  • la libertà di movimento garantita lungo la strada Salah al-Din Street che collega il nord di Gaza al Sud;
  • 150 donne e bambini palestinesi detenuti nelle carceri israeliane saranno rilasciati come parte dell'accordo.

La Jihad Islamica ha specificato che saranno rilasciati soltanto i prigionieri civili, non i membri dell’esercito israeliano. L’accordo, ha precisato Hamas, è stato concordato con tutte le fazioni della resistenza palestinese. 

Quali prigionieri verranno scambiati

L’intesa tra Hamas e Israele consentirà il rilascio di 50 donne e bambini dei 237 ostaggi catturati il 7 ottobre durante l’operazione Diluvio Al Aqsa e trasferiti a Gaza. Secondo quanto riporta Al Jazeera faranno parte del gruppo circa 3 cittadini statunitensi. In cambio la controparte libererà 150 prigionieri detenuti nelle carceri israeliane

Questa mattina il governo israeliano ha pubblicato il documento “Rilascio di prigionieri per motivi legati alla gestione delle relazioni estere e della sicurezza del Paese”, che contiene una lista con 300 nomi, per lo più ragazzi tra i 16 e i 18 anni e 13 donne imprigionate negli ultimi due anni.
Tra queste c’è anche Hanan Saleh Abdullah Barghouti, 59 anni, detenuta dal 4 9 2023, sorella di Nael Al Barghouti, il comandante della resistenza palestinese detenuto da 43 anni in prigione, e una ragazzina di 15 anni, arrestata nel 2021, a soli 13 anni. Nella lista ci sono anche alcuni adolescenti maschi tra 14 e 15 anni. In totale sono circa 8200 i prigionieri palestinesi di Israele, 3.000 dei quali arrestati dopo il 7 ottobre. I minori sono 145, le donne 95 e i giornalisti 37. L’accordo, però, non entrerà in vigore subito. La parte israeliana dovrà attendere 24 ore entro le quali qualsiasi israeliano contrario potrà presentare ricorso presso l’Alta Corte Israeliana. Durante questo periodo non ci saranno rilasci. Si prevede che primo scambio di prigionieri e prigionieri avrà probabilmente luogo giovedì o venerdì. Hamas ha dichiarato che il cessate il fuoco a Gaza entrerà in vigore a partire dalle 10.00 di domani, giovedì 23 novembre 2023. Una dura decisione per Israele

Il governo israeliano ha approvato l’accordo per lo scambio di prigionieri nella notte tra martedì e mercoledì, dopo ore di consultazioni a tutti i livelli. Quella di ieri è stata una giornata febbrile di incontri consecutivi del gabinetto di sicurezza israeliano, il gabinetto di guerra e il governo per discutere e approvare i termini dell’intesa. “Il governo israeliano è impegnato a riportare a casa tutti i rapiti. Stasera il governo ha approvato il progetto della prima fase del raggiungimento di questo obiettivo, secondo il quale almeno 50 persone rapite – donne e bambini – saranno rilasciati nell’arco di quattro giorni, durante i quali ci sarà una pausa nei combattimenti”, si legge nel documento citato da Times of Israel.

La decisione autorizza il gabinetto di guerra a decidere in ciascuna fase l'identità dei prigionieri da liberare, tra i nomi che il governo ha inserito nell’elenco. Il gabinetto di guerra è inoltre autorizzato a determinare i tempi di ciascuna fase nonché la fine di ciascuna fase, e l'intero scambio e la pausa nei combattimenti sono limitati a un massimo di 10 giorni dalla fine della prima fase, afferma la decisione del gabinetto.

Il testo è stato approvato all'unanimità dei partito al governo. L'estrema destra della fazione ultranazionalista Otzma Yehudit del ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir hanno votato contro. Sionismo religioso di Smotrich ha votato a favore, nonostante la dichiarazione di voto contraria. Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra del Paese, ha chiesto unità attorno all'accordo, affermando che era l'accordo giusto per Israele in questo momento.

Il premier Netanyahu assicura che la pausa umanitaria non sarà la fine della guerra ad Hamas, che proseguirà fino al raggiungimento degli obiettivi di Israele. Chi è Itaman Ben- Gvir, il ministro che si è opposto al rilascio degli ostaggi di Hamas

Hanno votato contro l’accordo tre ministri di Potere Ebraico, il partito di estrema destra guidato dal ministro della Sicurezza Itaman Ben-Gwir.  Colono di Kiryat Arba, uno degli insediamenti più radicali della Cisgiordania occupata, Ben-Gvir ha iniziato la sua carriera politica come un provocatore religioso di estrema destra, marginale e che odia i palestinesi.

Nel 2019, all'età di 47 anni, è diventato leader fondatore del partito di estrema destra Potere Ebraico, nel del marzo 2021, il partito Jewish Power di Ben-Gvir è riuscito a entrare nel parlamento israeliano fondendosi con il partito Unione Nazionale di Bezalel Smotrich, diventando la lista del sionismo religioso.

Ha prestato giuramento come ministro dopo le elezioni dello scorso hanno e adesso ricopre una posizione chiave nel governo israeliano.

È stato condannato per:

?incitamento al razzismo

?distruzione di proprietà

?possedere materiale di propaganda di un'organizzazione “terroristica”.

?sostegno a un'organizzazione "terroristica": il gruppo fuorilegge Kach di Meir Kahane , al quale si unì quando aveva 16 anni.

Ha detto:

"Il mio diritto, il diritto di mia moglie e dei miei figli di circolare in Giudea e Samaria è più importante della libertà di movimento per gli arabi", ha detto in un'intervista, usando il termine biblico per i territori occupati.

Ha anche proposto l'espulsione  i cittadini palestinesi “sleali” di Israele. Quasi due terzi di israeliani sostengono questa proposta.


Reazione mondiale all’accordo tra Hamas e Israele

L’accordo è stato acclamato dalla comunità internazionale. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning ha detto che Pechino spera che l'accordo “contribuirà ad alleviare la difficile situazione della crisi umanitaria, a promuovere la riduzione dei conflitti e ad allentare le tensioni”.  La “prima buona notizia da molto tempo” ha commentato Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, che ha sottolineato come le pause umanitarie siano l’unico modo per raggiungere una soluzione sostenibile.

“Non mi fermerò finché tutti gli ostaggi americani non saranno riportato a casa”, ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden in una nota, evidenziando il ruolo “dell'instancabile diplomazia e della determinazione di molte persone impegnate nel governo degli Stati Uniti per riportare a casa gli americani”.

La Gran Bretagna e il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen hanno parlato della necessità di affrontare la crisi umanitaria a Gaza.

In Israele i parenti delle persone trattenute a Gaza hanno accolto favorevolmente la notizia della tregua. "Siamo molto felici che si sia in attesa di un rilascio parziale", ha affermato in un comunicato il forum dei Familiari di Ostaggi e Scomparsi.  "Al momento non sappiamo esattamente chi verrà rilasciato e quando", ha aggiunto.

Il presidente israeliano Isaac Hertzog ha affermato che "le riserve" in alcuni ambienti israeliani, riguardanti l'accordo di tregua e il rilascio dei prigionieri palestinesi, "sono comprensibili, dolorose e difficili, ma date le circostanze, sostengo e sostengo la decisione... di andare avanti con l'accordo per il rilascio degli ostaggi" .

"Lo Stato di Israele, l'IDF e tutte le forze di sicurezza continueranno ad agire in ogni modo possibile per raggiungere questo obiettivo [di liberare tutti i prigionieri], insieme al ripristino della sicurezza assoluta dei cittadini di Israele", ha aggiunto.

Infine il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha elogiato gli sforzi del Qatar e dell’Egitto nel contribuire a garantire la pausa nei combattimenti, rinnovando al contempo gli appelli per una “cessazione globale dell’aggressione israeliana contro il popolo palestinese”.

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