Chi ha ammazzato il Nord Stream. Meglio tapparsi occhi e orecchie?

4698
Chi ha ammazzato il Nord Stream. Meglio tapparsi occhi e orecchie?

 

Nel momento del massimo idillio Usa- Germania, quando la cancelliera Angela Merkel incontrava un estasiato Barack Obama al vertice G7 del 2015 a Schloss Elmau, vicino a Garmisch-Partenkirchen in Baviera, l’affare Nord Stream minava già la placida relazione sovrano -vassallo. All’imperatore buono, al Presidente col fascino di un Sidney Poitier giovane, al cavaliere dei civil rights, non andava giù quel gasdotto che collegava direttamente l’ex Unione dei Soviet alla più importante provincia Usa in Europa.

Questo non va bene Angela, pare abbia detto Barak appoggiandosi allo schienale della panchina con vista spettacolare sulle Alpi. Così ti renderai completamente dipendente da Mosca e ci trascinerai dentro tutta l’Europa. Angela replicò con una frase che ebbe poi modo di ripetere ogni volta che un presidente Usa si sarebbe lagnato per il progetto: Nord Stream è vitale per la sopravvivenza del sistema industriale tedesco. Tanto bastò allora per tenere a bada Obama. Temporaneamente almeno. Perché sette anni dopo, nel febbraio del 2022, quando il successore della Merkel Olaf Scholz provò a fare altrettanto con Joe Biden, dovette rendersi conto che l’aria era cambiata di brutto.

L’amico Joe aveva chiamato a rapporto il Cancelliere tedesco prima che questi volasse a Mosca dove avrebbe incontrato Putin in un tentativo tardivo quanto inutile di scongiurare la guerra. Al momento della conferenza stampa congiunta dei due capi di governo, Biden lanciò un’occhiataccia cattiva alle telecamere e dichiarò che se la Russia avesse attaccato l’Ucraina il progetto Nord Stream era morto. Colto di sorpresa, Olaf Scholz non se la sentì di tirare fuori la frase della Merkel e così non gli rimase che ingoiare il rospo con nonchalance proprio come aveva fatto mille volte prima di lui il capo della DDR Erich Honecker ogni volta che Mosca gli ricordava chi era il padrone. Sette mesi dopo tre esplosioni sottomarine fecero saltare in aria Nord Stream decretandone la fine. Dal canto loro media ed establishment tedeschi evitarono accuratamente di parlare del botto, quasi si trattasse di un avvenimento di poco conto che forse non era nemmeno accaduto, e che se anche fosse avvenuto sarebbe stato comunque da mettere sul conto a Putin a prescindere. A parte questo nessuna domanda, nessun dubbio, nessuna inchiesta e business as usual come se niente fosse. Perfino la pagina tedesca di Wikipedia dedicata a Nord Stream non fa nessun accenno alle esplosioni che hanno terminato il gasdotto. Le notizie si fermano ad agosto 2022.

Per capirci qualcosa bisogna tornare alla frase della Merkel: Nord Stream è vitale per la sopravvivenza del sistema industriale tedesco. Un’esagerazione? Una boutade per scrollarsi di dosso la pressione dell’azionista di maggioranza? Un timido tentativo di ristabilire il principio di sovranità? Di tutto un po' forse, ma la frase conteneva senza dubbio un fondo di verità. Nord Stream 1 e il suo raddoppio Nord Stream 2 che nel 2022 non era ancora attivo, erano il frutto del più importante accordo russo tedesco dai tempi del patto di non aggressione del 1939. Il nuovo patto Molotov Ribbentrop, come lo chiamarono a Varsavia masticando amaro per i diritti di transito andati in fumo visto che il gasdotto bypassava la Polonia via Baltico, univa la Germania alla Russia in una perfetta operazione win win. Grazie al tubo di 1,200 km entrambi i paesi ottenevano ciò di cui avevano storicamente avuto sempre bisogno. Berlino avrebbe finalmente potuto contare su forniture praticamente illimitate di energia a basso costo, mettendo fine a un problema che tra le altre cose le era costato due guerre mondiali. Mosca avrebbe ottenuto un gettito costante di valuta estera garantito dalla puntualità dei pagamenti tedeschi. Uno scambio perfetto da manuale di economia che apriva a una collaborazione di lungo termine anche su altri campi.

Ma a Roma non garba che una sua provincia faccia accordi con Cartagine. Soprattutto se questi accordi rinforzano Cartagine e rendono più autonoma (da Roma) la provincia. Da qui la pressione pressoché continua degli Usa per far cessare un progetto costato 15 miliardi di euro e gestito dalla società Nord Stream AG proprietaria del gasdotto. La società è partecipata al 51% dalla russa Gazprom, al 35 da due società di energia tedesche e il rimanente da società francesi e olandesi. Soldi russi e tedeschi più qualche briciola europea. Soldi andati in fumo con tre bei botti di cui nessuno in Europa vuole parlare; un po' come gli omicidi di mafia. Meglio non scoprire chi è il committente che poi magari ci si rimanere male. Meglio tapparsi occhi orecchie e bocca, pagare il gas liquido dell’amico Joe mille volte di più e continuare a dormire come un neonato, nonostante un conflitto devastante alle porte. E allora sogni d’oro.

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Un passo indietro di un secolo di Loretta Napoleoni Un passo indietro di un secolo

Un passo indietro di un secolo

Il video di Ocalan: la traduzione completa delle sue parole di Michelangelo Severgnini Il video di Ocalan: la traduzione completa delle sue parole

Il video di Ocalan: la traduzione completa delle sue parole

Intelligenza Artificiale e la nuova frontiera del DeepFake di Francesco Santoianni Intelligenza Artificiale e la nuova frontiera del DeepFake

Intelligenza Artificiale e la nuova frontiera del DeepFake

Trump 2025: Nativi Americani e Immigrati sotto Pressione di Raffaella Milandri Trump 2025: Nativi Americani e Immigrati sotto Pressione

Trump 2025: Nativi Americani e Immigrati sotto Pressione

Le due Italie: chi perde (e chi vince) dai dazi di Trump di Francesco Erspamer  Le due Italie: chi perde (e chi vince) dai dazi di Trump

Le due Italie: chi perde (e chi vince) dai dazi di Trump

Cara Giorgia, ma quale dialogo? di Paolo Desogus Cara Giorgia, ma quale dialogo?

Cara Giorgia, ma quale dialogo?

Marx e l'ecologia Marx e l'ecologia

Marx e l'ecologia

La Gran Bretagna tornerà nell'Unione Europea? di Gao Jian La Gran Bretagna tornerà nell'Unione Europea?

La Gran Bretagna tornerà nell'Unione Europea?

Resistenza e Sobrietà di Alessandro Mariani Resistenza e Sobrietà

Resistenza e Sobrietà

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

La cena per l'Ucraina: il vertice della spartizione di Giuseppe Giannini La cena per l'Ucraina: il vertice della spartizione

La cena per l'Ucraina: il vertice della spartizione

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente di Gilberto Trombetta Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

La povertà in Italia è ereditaria di Michele Blanco La povertà in Italia è ereditaria

La povertà in Italia è ereditaria

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

O si e' contro la Nato o si e' sua complice di Giorgio Cremaschi O si e' contro la Nato o si e' sua complice

O si e' contro la Nato o si e' sua complice

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti