Attacco premeditato di Israele uccide due giornalisti di Al Mayadeen in Libano
Dal 7 ottobre, giorno dell’operazione della Resistenza palestinese a Gaza, fra i più di 13000 palestinesi uccisi da Israele, 9000 sono bambini e donne, figurano anche 60 giornalisti, secondo l’ultimo bollettino l’Ufficio governativo per i media (GMO) nell’enclave assediata.
Si potrebbe dire che in un conflitto ci può essere l’eventualità che dei reporter possano morire ma, in questo caso, gli attacchi sono studiati e premeditati. Il mondo non deve conoscere i crimini commessi da Israele. Israele rappresenta per l’occidente il bastione della sua presenza nel Mediterraneo orientale, “l’unica democrazia” nella regione. Ergo, una “democrazia” non massacra civili innocenti, non bombarda scuole e ospedali. Se capitasse, bisogna negarlo, smentirlo, giustificarlo con le motivazioni messianiche della “lotta al terrorismo, le “armi di distruzione di massa”, i “nuovi nazisti”.
Poche ore fa, l’ennesima dimostrazione del modo in cui Israele uccide gli operatori dell’informazione. Infatti, sono stati assassinati in un attacco aereo israeliano a Tayr Harfa, nel sud del Libano, la giornalista e il cameraman dell’emittente Al Mayadeen Farah Omar e Rabih Al-Me'mari mentre erano nella loro postazione di lavoro.
Come ha raccontato in comunicato l’emittente libanese, “Farah e Rabih avevano appena terminato una trasmissione in diretta alle 10, fornendo aggiornamenti sull'ultimo bombardamento israeliano nel sud del Libano. Lei e i suoi colleghi sono stati presi di mira subito dopo aver concluso la loro copertura ed essere andati in onda.”
Perché colpire Al Mayadeen?
Sono stati uccisi 60 giornalisti di diverse emittenti e giornali dal 7 ottobre scorso, ma Israele e il suo patrocinatore, ovvero gli Stati Uniti d’America hanno un conto in sospeso contro questa emittente fondata dal giornalista Ghassan Ben Jeddou nel 2012.
Ben Jeddou si dimise da Al Jazeera nel 2011 in polemica con l’emittente del Qatar che, all’epoca, fomentava le rivolte delle cosiddette “primavere arabe” ma che in realtà avevano solo scopo di rovesciare i governi laici e indipendenti dall’Occidente come in seguito i fatti hanno dimostrato.
Dal 2012, Al Mayadeen è diventata la voce della Resistenza in Medio Oriente, un simbolo per i paesi che lottano contro le ingerenze occidentali, aprendo anche un sito in lingua spagnola per creare un legame forte tra paesi arabi e latinoamericani.
Con il conflitto a Gaza, la rete libanese è diventata così fastidiosa da indurre Israele a bandirla dalla Palestina occupata. Ben Jeddou ha spiegato che questa "non è stata una decisione tecnica. Nemmeno una decisione politica. In realtà, è stata una decisione militare legata alla sicurezza nazionale di Israele."
Inoltre, ha ricordato che "per la prima volta nella storia, il gabinetto di guerra, incaricato dagli Stati Uniti di prendere le decisioni più importanti durante questa guerra, si è riunito per discutere della rete Al Mayadeen come argomento all'ordine del giorno."
La furia genocida di Israele non ha remore su donne e bambini, figurarsi sui giornalisti. Questi crimini, così come l’assassinio di due operatori dell’informazione, ricadono anche su chi appoggia Israele, come l’Unione Europea e altri accoliti, i quali, sui loro “dissidenti” utili ai loro scopi organizzano campagne mediatiche dimostrando i loro doppi standard.
Per fortuna, gli eventi a Gaza stanno dando significativi segnali sulla percezione dell’opinione pubblica sul conflitto a Gaza. Ogni settimana sono sempre di più le persone che scendono in piazza nel mondo per denunciare i crimini di Israele.
Una cosa è chiara ed è percepita molto chiaramente dalle persone, come ha scritto il giornalista Chris Hedges “Gaza è il preludio di un nuovo spaventoso ordine mondiale. Mentre le democrazie avvizziscono e muoiono, mentre la disuguaglianza economica si espande, mentre la povertà e la disperazione aumentano, la classe dirigente globale farà sempre più spesso a noi - una volta che ci ribelleremo - quello che sta facendo ai palestinesi.”