Texas contro la Casa Bianca: uno scontro funzionale al voto di novembre?
di Paolo Arigotti
Come sappiamo gli Stati Uniti d’America sono una repubblica presidenziale di tipo federale, il che significa che se all’Amministrazione centrale sono riconosciute una serie di competenze esclusive – come difesa, politica estera, moneta – agli stati membri è demandata gran parte delle potestà decisionali. Ed è proprio su questo punto che si sta consumando un vero e proprio scontro istituzionale tra la Casa Bianca e lo stato del Texas, quello che nel linguaggio giuridico italiano potremmo definire un “conflitto di attribuzioni”, che rischia di degenerare in qualcosa di molto più grave, senza contare le implicazioni con le presidenziali di novembre.
Federico Petroni, su Limes[1], cita le dichiarazioni di qualche mese fa di un funzionario dell’amministrazione Biden, il quale sosteneva che “se perderemo le elezioni sarà per il confine meridionale, non per l’Ucraina". E tanto basta per comprendere l’importanza della partita che si sta giocando.
Ricordiamo brevemente l’antefatto. All’origine dello scontro tra Washington e Austin c’è la questione dell’immigrazione clandestina dal Messico e del controllo delle frontiere: in sostanza sia l’Amministrazione federale, guidata dal democratico Joe Biden, che il governatore del Texas, il repubblicano Greg Abbott, rivendicano una sorta di potestà esclusiva.
Abbot, in particolare, sostiene di avere il diritto di proteggere e difendere il suo territorio – per la cronaca il Texas è grande oltre due volte l’Italia - bloccando un afflusso, ritenuto oramai fuori controllo, di migranti illegali provenienti dal Messico, nazione col quale lo stato condivide una linea di confine lunga circa 1.930 chilometri. La Casa Bianca, invece, afferma che la polizia di frontiera e il controllo dei flussi sono una prerogativa esclusiva federale.
Premesso che la questione dei migranti non esaurisce il dibattito elettorale in vista delle presidenziali (pensiamo solo all’approccio sulle questioni internazionali), a confrontarsi sono due visioni profondamente diverse, a tratti opposte. Donald Trump, probabile candidato repubblicano e da molti sondaggi indicato come vincitore dell’ipotetico confronto con l’attuale inquilino della Casa Bianca, si è schierato incondizionatamente con Abbott, trumpiano di ferro, assieme ad altri 25 governatori di altrettanti stati della federazione; il governatore del Texas ha ricevuto anche l’appoggio di Elon Musk[2] e di Robert Kennedy Jr[3].
Trump, coerente con la linea restrittiva adottata durante la sua presidenza, sfociata a suo tempo nella costruzione del muro al confine col Messico[4], ha detto che: “tutti dovrebbero sostenere le misure di buon senso delle autorità del Texas per proteggere la sua sicurezza, la sua sovranità e gli americani”[5]. Già in occasione di una visita fatta lo scorso novembre a Edinburg (Texas), in prossimità del Messico, Trump lo aveva definito il confine più insicuro nella storia del mondo e aveva parlato di un pericolo invasione, aggiungendo che i migranti in arrivo stessero “avvelenando il sangue del nostro Paese”, suscitando gli strali (conditi da accuse di razzismo e suprematismo) della Casa Bianca[6]. Trump, pure nei giorni scorsi, ha voluto garantire che se sarà rieletto fermerà del tutto i flussi migratori illegali.
I repubblicani rimproverano all’Amministrazione Biden di essere responsabile di un nuovo e consistente arrivo di migranti, avendo scelto di revocare le misure restrittive introdotte da Trump: i numeri confermerebbero l’incremento, tanto che è stato stimato che dal solo Messico sarebbero entrate circa due milioni di persone nel 2021, e altri cinque milioni nel biennio seguente. Un flusso che sarebbe divenuto praticamente ingestibile da parte delle autorità di frontiera – la Customs and Border Protection - come per gli uffici giudiziari, letteralmente sommersi da milioni di richieste di asilo, che devono attendere anni per essere discusse e definite.
E non va meglio per il sistema dell’accoglienza, letteralmente al collasso, come denunziano anche diversi amministratori democratici, il che rafforza le critiche degli avversari di Biden, al quale viene imputato di aver aperto le porte senza avere mezzi e risorse per gestire i numeri.
E nonostante molti colleghi di partito di Biden facciano pressing sulla Casa Bianca affinché si mostri più risoluto col Texas, accusato di aver imprigionato illegittimamente migliaia di presunti migranti clandestini, pure in casa democratica non mancano i distinguo. Il sindaco di New York, Eric Adams, ha criticato il presidente per via della sostanziale inerzia di fronte all’immigrazione illegale, denunciando come la sua città faccia fatica a fornire alloggi e servizi ai nuovi arrivati.
Il Texas, forte del sostegno della sua opinione pubblica, già da tempo aveva deciso di “fare da solo” sul tema migranti. Nel 2021 Abbott aveva lanciato l’operazione Lone Star (stella solitaria), che prevedeva il largo impiego delle forze armate e di sicurezza statali (guardia nazionale) per vigilare sui valichi di frontiera e trarre in arresto gli eventuali clandestini che tentassero di attraversarli. Inoltre, con una legge statale approvata a dicembre scorso, sono state rafforzate le prerogative delle autorità di frontiera, stanziando nuovi fondi per il contrasto al fenomeno e prevedendo nuove fattispecie di reato; molte di queste misure, prima ancora del ricorso alla Corte Suprema, sono state contestate dinanzi ai tribunali federali per sospetta incostituzionalità e violazione delle competenze dell’amministrazione centrale, mentre iniziative dello stesso tenore sono state promosse dal governo del Messico[7]. In aggiunta, Abbott ha ordinato l’installazione di nuove barriere fisiche, in particolare lungo le rive del Rio Grande, in prossimità del confine con il Messico, e in altri punti sensibili lungo la frontiera, come la contea di Maverick, con decine di migliaia di rotoli di filo spinato collocati dalle autorità statali.
L’Amministrazione federale ha replicato che per effetto delle “trovate politiche del Texas”, a cominciare dal posizionamento del filo spinato lungo il confine, il lavoro degli agenti di frontiera sia divenuto molto più difficoltoso e pericoloso, ma le autorità texane sostengono che le misure fungono da deterrente e agevolano l’operato della guardia nazionale.
La città di Eagle Pass, capoluogo della contea di Maverick, si è trasformata nelle settimane scorse nel simbolo dei contrasti. Il centro, sito a poca distanza dal confine messicano, è attraversato da una ferrovia, nella quale transitano molti treni merci, spesso utilizzati dai migranti illegali per passare la frontiera. Nella stessa città si trova un parco, chiamato Shelby Park, utilizzato dalle autorità di frontiera federali per la gestione dei migranti illegali: nel mese di gennaio 2024, su ordine delle autorità dello stato, la Guardia nazionale del Texas, nell’ambito dell'operazione Lone Star, ha disposto il sequestro dell’area, installandovi barriere e filo spinato, esautorando le autorità federali, alle quali è stato quasi del tutto inibito l’accesso; si è trattato di un gesto plateale per rivendicare il diritto esclusivo sul controllo dei valichi e la gestione dei migranti, ivi compreso l’arresto dei clandestini.
A questo punto, il conflitto di attribuzioni è stato portato all’attenzione della Corte Suprema degli Stati Uniti – la massima istanza giudiziaria del paese, che cumula funzioni e poteri delle nostre Corte costituzionale e di Cassazione – chiamata a decidere sulla legittimità dell’operato delle autorità del Texas. La Corte si è spaccata quasi a metà, stabilendo con cinque voti favorevoli e quattro contrari, il diritto delle autorità federali di frontiera di rimuovere barriere e il filo spinato, fin quando i tribunali non decideranno a quale delle autorità in conflitto spetti il potere decisionale: in pratica, si è scelto di non decidere, ma non è stata accolta la tesi sostenuta dai legali del Texas, che se da un lato faceva salve le prerogative dell’amministrazione federale sulla definizione dei criteri per il conferimento della cittadinanza, reputava che spettasse solo allo stato la gestione dell’immigrazione, comprese eventuali limitazioni alla stessa.
Abbott non è un tipo arrendevole e quando lo scorso 24 gennaio è venuto a conoscenza del verdetto della Suprema Corte, ha diramato un comunicato durissimo, col quale accusava l’Amministrazione federale di voler infrangere il patto tra federazione e i singoli stati, rivendicando ancora una volta il diritto esclusivo del Texas sulla gestione dei flussi migratori illegali, in funzione della difesa e protezione del suo territorio, oltre ad accusare Biden di incompetenza e/o premeditazione, e di non voler fare nulla per bloccare le minacce esterne. E, come dicevamo, Abbott ha ricevuto l’immediata solidarietà di 25 governatori, sui 50 che compongono la Federazione, in pratica tutti quelli retti dai repubblicani, con l’eccezione del Vermont. Una solidarietà non solo a parole, visto che già diversi stati – alcuni per la verità a partire dal 2021 (come Florida, Virginia, Nebraska, Ohio, Tennessee) – hanno messo a disposizione le proprie forze armate a supporto dell’operazione Lone star. Abbott, inoltre, si è avvalso dell’art. 1 (sezione 10, paragrafo 3) della Costituzione americana, che consente di dichiarare a livello statale la legge marziale e di agire a prescindere dal governo federale.
Per quanto non siano mancati coloro che hanno paventato il rischio di secessione, se non quello di un vero e proprio conflitto civile all’interno della federazione statunitense, forse è troppo presto per assumere toni eccessivamente allarmistici. Intendiamoci bene, il malessere esiste ed è forte, ma occorre anche ricordare che l’approccio di Abbott, parlando per l’attuale, non ha prodotto risultati di rilievo, nonostante i fondi stanziati per il contrasto all’immigrazione clandestina ammontino a dieci miliardi di dollari nell’ultimo triennio. Rimane, però, sullo sfondo un sondaggio di Bright Line Watch[8], risalente al 2021[9], secondo il quale due terzi dei repubblicani del sud e quasi la metà dei democratici della costa occidentale sarebbero a favore del distacco dagli Stati Uniti, reclamando una piena indipendenza e sovranità: tenuto conto che il Texas è il secondo stato più ricco della federazione[10], dopo la California, e che è il maggior produttore di petrolio, non parliamo di questioni trascurabili.
La querelle, in vista del voto di novembre, si innesta e assume una valenza politica di primo piano. Guadagnare consensi a una linea che contrasta nettamente quella dell’Amministrazione in carica serve ad offrire all’elettorato un’immagine di maggior rigore, facendo leva su quell’ampia fetta di elettorato che reclama più sicurezza, ma soprattutto maggiore attenzione ai problemi interni.
I problemi dell’America non si esauriscono di certo con l’immigrazione clandestina, pensiamo solo a inflazione, terrorismo o all’emergenza del fentanyl, l’oppioide che causa ogni anno la morte di decine di migliaia di americani, e del quale sono state sequestrate circa 12,3 tonnellate nel solo 2023.
Si era parlato di un possibile accordo al Congresso tra democratici e repubblicani, i quali in cambio di concessioni sul contrasto all’immigrazione illegale (aumento dei fonti, limiti alle richieste d’asilo, restrizioni ai confini e aumento dei rimpatri), avrebbe dato il via libera a nuovi aiuti militari all’Ucraina. Ma l’intesa, osteggiata da Trump per ragioni facilmente intuibili, non è stata raggiunta, e l’unica cosa che è rimasta al governo è stata dare un giro di vite al diritto d’asilo e potenziare i centri preposti alla detenzione degli immigrati clandestini.
Lo scontro istituzionale resta sullo sfondo, col Texas che fa leva anche su un parere minoritario emesso nel 2012 dal giudice Antonin Gregory Scalia, membro della Corte Suprema scomparso nel 2016, conservatore e fervente sostenitore del potere nazionale. E, come ricorda ancora Petroni su Limes, non si tratta del primo contrasto sull’immigrazione illegale tra Amministrazione federale e singoli stati, che però finora erano rimasti confinati alle aule di tribunale, senza mai assumere un respiro istituzionale; ora come ora, in un’America praticamente spaccata in due, si finisce per alimentare un clima di tensione destinato a protrarsi, bene andando, almeno fino a novembre.
Tra le soluzioni ipotizzate, ci sarebbe quella di una possibile “federalizzazione” della guardia nazionale, in sostanza ponendola alle dirette dipendenze dell’Amministrazione presidenziale – sono pur sempre Congresso e Corte Suprema a disegnare le linee di confine delle competenze tra centro e periferia – ma questo implicherebbe un ulteriore escalation di tensioni, che in un clima del genere potrebbe non rivelarsi la scelta più saggia. Nel frattempo, non viene escluso neppure uno scontro fisico tra polizia di frontiera federale e guardia nazionale, con tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare.
Al proposito di clima di scontro, una delle ultime notizie che ci arriva dal Congresso[11] vede i repubblicani, in maggioranza alla Camera, pronti a chiedere l’impeachment di uno dei ministri di Biden, Alejandro Mayorkas, titolare della sicurezza nazionale, con l’accusa di aver condotto politiche fallimentari in merito al presidio dei confini e di aver reso false dichiarazioni al parlamento federale: un ulteriore segnale che qualunque intesa bipartisan sui migranti è al momento assai improbabile.
Lo scontro elettorale di novembre riguarderà inevitabilmente l’immigrazione, come molte delle faglie che spaccano la società statunitense. A fronteggiarsi ancora una volta saranno le realtà degli stati costieri, la cui economia si basa su finanza e alta tecnologia, con una maggiore proiezione internazionale, che hanno nel partito Democratico il loro naturale interlocutore, e quelli centrali, più legati a economia (e valori) tradizionali, molto più attenti agli affari interni, che individuano nei repubblicani il loro referente politico.
Due visioni sempre più contrapposte, se non antitetiche[12], la prevalenza di una delle quali potrebbe finire per avere importanti riflessi anche sui cosiddetti satelliti.
FONTI
www.money.it/scontro-texas-washington-sui-migranti-sumantra-maitra-capolavoro-politico-di-abbott
www.aljazeera.com/news/2023/12/19/texas-governor-signs-law-allowing-arrest-of-suspected-illegal-migrants
www.nytimes.com/2024/01/30/opinion/border-deal-immigration.html
www.reuters.com/article/idUSKBN1FD2UQ/
www.newsweek.com/map-american-states-backing-texas-governor-greg-abbott-border-feud-1864363
www.washingtonpost.com/opinions/2024/01/29/texas-border-supreme-court-migrants-abbott/
www.ilfattoquotidiano.it/2024/01/27/nuovo-rischio-di-crisi-costituzionale-negli-usa-il-texas-schiera-la-guardia-nazionale-contro-il-governo-federale-trump-applaude/7424311/
[1] www.limesonline.com/rubriche/fiamme-americane/fiamme-americane-dramma-politico-o-crisi-istituzionale-dove-puo-arrivare-il-texas-14920140/?ref=LHTP-BH-I14922748-P2-S1-T1
[2] actualidad.rt.com/actualidad/496991-texas-tiene-razon-musk-disputa-casa-blanca-estado-inmigracion-ilegal
[3] twitter.com/RobertKennedyJr/status/1750606661914415258
[4] www.reuters.com/article/idUSKBN1FD2UQ/
[5] www.ilfattoquotidiano.it/2024/01/27/nuovo-rischio-di-crisi-costituzionale-negli-usa-il-texas-schiera-la-guardia-nazionale-contro-il-governo-federale-trump-applaude/7424311/
[6] www.aljazeera.com/news/2023/12/19/texas-governor-signs-law-allowing-arrest-of-suspected-illegal-migrants
[7] actualidad.rt.com/actualidad/492997-mexico-presidente-impugnar-ley-migratoria-texas
[8] democracy.uchicago.edu/blw/
[9] www.newsweek.com/47-west-coast-dems-66-southern-republicans-want-secede-us-1609875
[10] www.makemoney.ng/it/richest-states-in-the-us/
[11] www.lastampa.it/esteri/2024/01/31/news/i_secessionisti_del_texas-14033455/
[12] www.nytimes.com/2024/01/30/opinion/border-deal-immigration.html