Coronavirus, Cuba esempio per il mondo. Intervista a Ida Garberi, giornalista italiana che vive sull'Isola
di Fabrizio Verde
L'arrivo in Italia di una brigata medica cubana in soccorso delle popolazioni lombarde travolte dall'epidemia Covid-19 ha avuto il merito di portare all'attenzione del grande pubblico una realtà troppo tempo rimasta sommersa, almeno alle nostre latitudini. Cuba, una piccola isola socialista vittima di un criminale 'bloqueo' imposto dagli Stati Uniti da sessant'anni, possiede una sanità all'avanguardia ed eccellente. I suoi medici accorrono in ogni angolo del mondo per portare soccorso alle popolazioni colpite dalle calamità o epidemia più gravi. Come Ebola in Africa. Una realtà occulatata dai nostri media mainstream che preferiscono dilettarsi nella demonizzazione di Cuba e delle sue politiche.
Abbiamo quindi deciso di sentire una collega che lavora e vive a Cuba da vent'anni. Ida Garberi, responsabile delle pagine in italiano dei siti web dell'agenzia di stampa cubana Prensa Latina e della rivista Cubadebate.
Ci puoi descrivere quali sono le impressioni provate da un’italiana che vive e lavora a Cuba nel vedere una missione formata da medici e personale sanitario cubano sbarcare in Italia per portare aiuto alla Lombardia travolta dall’epidemia Covid-19?
Devo ammettere che è stato molto emozionante! Vivo a Cuba da quasi vent'anni, per cui mi sento quasi più cubana che italiana, ed in questa occasione c’era un miscuglio di sentimenti dentro di me; prima di tutto l’orgoglio di vedere i medici rivoluzionari dell’isola arrivare in Italia, considerata una potenza occidentale del primo mondo, che però è stata sconfitta da un nemico invisibile, che ha colpito, secondo me, dove il sistema politico italiano capitalista ha tradito i suoi concittadini, spolpando poco a poco le risorse statali di quel sistema sanitario che un tempo è stato il vanto della penisola italiana. Poi anche il sollievo di sapere che per fortuna i governanti della Lombardia avevano avuto la modestia di riconoscere che da soli non potevano combattere il nuovo coronavirus e che avevano bisogno, magari, di protocolli medici molto diversi, che focalizzavano l’essere umano indipendentemente dall’età, razza, religione o status sociale.
Chi sono i medici della brigata cubana “Henry Revee” e cosa fanno in giro per il mondo?
Anche se le brigate mediche cubane fin dal 1960 sono accorse in aiuto dei popoli che necessitavano collaborazione, soprattutto in caso di disastri naturali, è stato nell’agosto del 2005, quando si è preparata una brigata medica a Cuba per offrire aiuto alla popolazione colpita dall'uragano Katrina a New Orleans che è nato il Contingente Internazionale di Medici Specializzati in Situazioni di Disastri e Gravi Epidemie “Henry Reeve”, sull’idea di Fidel Castro. Questa brigata è stata anche denominata Forza Medica, in memoria di quell'eccezionale giovane combattente statunitense che morì lottando per l'indipendenza di Cuba. Questa offerta di aiuto del Governo Cubano fu respinta dal Governo degli Stati Uniti.
Questo Contingente si basa su due principi morali fondamentali: solidarietà ed internazionalismo.
I suoi obiettivi fondamentali di lavoro vogliono stabilire uno spiegamento territoriale esteso nelle zone di disastro, con lo stabilimento degli ospedali Integrali di Campagna, capaci di dare ampia risposta alle esigenze assistenziali della popolazione disastrata. L'immediata copertura epidemiologica per i Medici Generali Integrali della brigata, è un altro dei principi di lavoro del contingente.
Gli Ospedali Integrali di Campagna, dispongono di personale qualificato necessario per contare su un'unità chirurgica, un'unità di attenzioni intensive e servizi di diagnosi avanzate. Inoltre, ogni Ospedale è il centro della promozione, educazione, prevenzione, cura e riabilitazione della popolazione della zona di disastro.
Il Contingente Internazionale di Medici “Henry Reeve è stato presente in più di una ventina di nazioni ed ha offerto assistenza medica ad oltre 3,5 milioni di persone ed ha salvato più di 80 mila vite. Non possiamo dimenticare il suo encomiabile lavoro contro l’epidemia del virus dell’Ebola in Africa.
Vorrei sottolineare che al contrario degli Stati Uniti, che sanno solo invadere e rubare le risorse, Cuba esporta medici e salute fin dall’inizio della sua Rivoluzione.
Come si affronta a Cuba la pandemia?
Le misure per combattere il nuovo coronavirus sono aumentate con il trascorrere dei giorni, dal primo caso diagnosticato a Cuba, l’11 marzo di quest’anno. Purtroppo sono stati tre italiani irresponsabili che hanno introdotto il virus nell’isola caraibica ed uno di loro è morto nei giorni seguenti. Fin dal principio il governo ha consigliato alla popolazione di restare in casa, di usare le mascherine ed i guanti, di lavarsi molte volte le mani ed utilizzare ipoclorito per disinfettarsi le mani ed i vestiti utilizzati per uscire in strada. All’inizio la popolazione non aveva un’alta percezione del rischio, ma poco a poco ha imparato a seguire i consigli del governo. Il fatto più importante sono le indagini giornaliere che fanno gli studenti di medicina dal terzo anno fino al quinto ed i medici del consultorio di famiglia: visitano tutte le case per sapere lo stato di salute delle persone e se incontrano sintomi sospetti accompagnano il malato al policlinico. Quelli sospetti vengono messi in quarantena per 14 giorni, durante i quali vengono sottoposti al test di diagnosi con prova rapida ed in seguito durante la quarantena verranno poi testati con il kit che richiede più tempo. Quelli che risultano positivi verranno ricoverati in ospedali preparati per questa emergenza che si trovano in tutta l’isola. Sono stati interrotti tutti gli spostamenti internazionali (se non sono emergenze) e quelli nazionali tra province. Sono state interrotte le classi scolastiche (sostituite da tele-classi) e chiusi tutti i centri ricreativi, sportivi e culturali. Da questo mese di aprile aumenteranno gli alimenti sussidiati dalla tessera annonaria (la “famosa libretta”). Alla mezzanotte del 2 aprile, Cuba aveva 269 pazienti positivi, 3241 in osservazione, 15 pazienti guariti e 6 deceduti.
Nonostante un criminale blocco contro l’isola imposto dagli Stati Uniti da oltre cinquant’anni, Cuba ha creato un sistema sanitario di alto livello. Come è stato possibile?
Cuba… per certe cose è davvero incredibile!! Oggigiorno conta con quasi 100.000 medici e 84.000 infermieri, che rappresentano 9 medici ogni 1000 abitanti. Fin dall’inizio della Rivoluzione, Cuba ha appoggiato molto gli studenti universitari affinché studiassero medicina, per coprire l’enorme vuoto che avevano lasciato i medici controrivoluzionari, scappando dal paese, più interessati agli alti guadagni del capitalismo che al giuramento di Ippocrate. Qui poi gli studi sono gratuiti a tutti i livelli, anche quelli specialistici. Chi meglio di Fidel Castro può spiegare il perché dell’alto livello della medicina a Cuba: “Per studiare medicina bisogna scegliere i migliori tra i nostri studenti, quelli con le migliori qualità intellettuali, accademiche, politiche e morali, sì, politiche e morali. (…) Cioè, per essere medico si richiede una sensibilità squisita, una gran qualità umana, una gran capacità intellettuale ed una morale praticamente infallibile.”
Credi che in occidente, in Italia, dovrebbero guardare a Cuba come un esempio per costruire un sistema sanitario efficiente e capace di mettere al centro la salute e non il profitto?
Sicuramente!! E credo che questa pandemia, nonostante il grande dolore che sta provocando, ha anche avuto il lato positivo di spingere l’essere umano a riflettere su molti lati disumani del capitalismo. Io sono un po' estremista, ed uno dei miei modelli di esseri umani è Ernesto Che Guevara, e credo che la genesi del suo pensiero e della sua condotta è proprio nella sua formazione medica, che è la base del suo umanesimo. Il 13 gennaio 1959, visitando il Collegio Medico Nazionale di Cuba, Che Guevara diceva: “Io considero, come medico, che sempre mi sono preoccupato delle questioni sociali, che ora è arrivato il momento di fare apporti sostanziali per cambiare radicalmente i sistemi di salute imperanti in tutte le nazioni”.