di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico
Già questa estate avevo raccontato come una eventuale rielezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti avrebbe certamente comportato grosse fibrillazioni nei rapporti tra paesi europei e Stati Uniti a livello militare e dunque di Alleanza Atlantica.
Infatti il tycoon newyorkese non ha mai nascosto l'avversione per questa alleanza, considerata ormai vetusta e disfunzionale per gli interessi americani. Questo anche a causa dell'azzardo morale dei paesi europei che hanno sempre approfittato dell'ombrello protettivo garantito dal dispositivo militare americano per tenere le spese militari, imputate ai loro bilanci nazionali, eccessivamente basse. Spese eccessivamente basse che - da perfetto business man - “the Donald” non mancò anche di quantificare espressamente già nel suo primo mandato: tutti i paesi europei dovranno avere una spesa militare non inferiore al 2% del prodotto interno lordo.
Vinte le elezioni del 4 di Novembre, il neo Presidente, è immediatamente ritornato alla carica durante una intervista concessa al network made in USA Abc e che ha avuto vasta eco in tutta Europa. Nella sua argomentazione Trump sostiene la tesi che se i paesi europei non aumenteranno la spesa militare al fatidico 2% del PIL saranno gli stessi Stati Uniti ad uscire dall'Alleanza Atlantica. Come è facilmente intuibile si tratta di una gravissima minaccia per le élites europee che si ritroverebbero “minacciate” da Putin sul fianco orientale senza poter più disporre dell'ombrello protettivo garantito da Washington. Senza contare poi il fatto che con l'implosione della Siria, avvenuta proprio in questi giorni, tutto il Medio Oriente e il Mediterraneo Orientale perdono la loro stabilità generando un altro fronte di crisi molto pericoloso che interessa enormemente l'Europa sia in relazione al flusso di merci che passa attraverso Suez sia per il rischio di ritrovarsi con un'altra area di mondo destabilizzata che è, peraltro, altamente strategica perché fonte di energia, sia perché Grecia e Cipro, oltre che essere paesi europei, sono anche parte integrante dell'area geografica dell'Est Mediterraneo.
Che la minaccia di Trump sia stata perfettamente colta nella sua gravità è testimoniato dal fatto che immediatamente il nuovo commissario europeo per la Difesa e lo Spazio, Andris Kubilius ha chiesto che il bilancio per la difesa europeo cresca da 10 a 100 miliardi di euro nel prossimo bilancio pluriennale. Ovviamente l'argomentazione del commissario è legata alla minaccia dell'Autocrate del Cremlino: "Dobbiamo essere preparati alla possibilità di un'aggressione russa. Se falliamo in Ucraina, allora ovviamente la probabilità di un'aggressione militare russa contro gli stati membri dell'UE potrebbe aumentare."
Nell'analisi del magazine on-line Politico la linea politica di Kubilius ha come finalità quella di integrare le industrie militari nazionali dei paesi della UE così da formare dei colossi in grado di competere a livello internazionale, ma anche quello di riuscire ad aumentare il supporto militare all'Ucraina impegnata nella guerra contro la Russia.
Peraltro il neo commissario ha anche sottolineato l'importanza per l'Europa di approvvigionarsi di armamenti made in USA. Un intendimento questo, che ha come finalità vera quella di ingraziarsi il prossimo inquilino della Casa Bianca che non manca mai di sottolineare come gli USA “sussidino” il resto del mondo acquistando merci a discapito del tessuto produttivo nazionale.
Che la linea della spesa per il riarmo europeo sarà il mantra (anche in Italia) dei prossimi mesi e anni appare chiaro anche dal fatto a farsene portatore è quel Francesco Giavazzi, da sempre profeta dell'idea che bisogna abbattere il deficit e il debito pubblico. Ora, a quanto pare non è più così, la spesa pubblica è buona a patto però che sia europea e che serva per acquistare sistemi d'arma per il futuro Esercito Unico Europeo.
Dunque le parole di Trump non sono state vane; i vassalli hanno già capito qual è la musica che bisognerà ballare nei prossimi anni se si vuole sopravvivere. Ciò che però bisogna capire è se il riarmo europeo sarà sostenibile in un continente piegato dalla crisi energetica, dai licenziamenti e dalle delocalizzazioni che si stanno verificando soprattutto in quella Germania che fino a un paio d'anni fa era la locomotiva d'Europa.
Certamente, più in generale, appare davvero difficile rendere compatibile il dictat trumpiano di una spesa militare pari al 2% del Pil per ogni paese europeo facente parte della Nato con un deficit pubblico pari, al massimo del 3% del Pil, come impongono le sacre scritture del Trattato di Maastricht. E' chiaro che se si vorrà contenere il deficit pubblico al 3% con una spesa militare pari al 2% sempre del Pil bisognerà preparasi a imponenti tagli al Welfare e agli altri investimenti pubblici. Cosa questa che, provocherà un aumento della sofferenza sociale e conseguentemente dell'impopolarità delle élites che governano i popoli europei dalla loro torre d'avorio di Bruxelles (e delle altre capitali nazionali).
Non pare azzardato sostenere che la spesa militare che Trump vuole imporre all'Europa potrebbe essere la mela avvelenata che ucciderà la principessa europea. A maggior ragione questo può essere vero se si realizzerà anche un altro punto del programma trumpiano, quello dell'aumento dei dazi sulle merci che gli USA importano dall'Europa.
Ci attendono tempi molto interessanti e molto pericolosi, qui in Europa.
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