Viaggio in Bielorussia: il punto di Patria Socialista

Viaggio in Bielorussia: il punto di Patria Socialista

Nella Foto la Delegazione di Patria Socialista in Bielorussia

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Una delegazione composta dal Segretario Nazionale di Patria Socialista, Igor Camilli, dal Senatore del Partito Comunista Emanuele Dessì e dal Presidente dell'Associazione di Solidarietà con la Bielorussia, Matteo Peggio, è stata in Bielorussia come “osservatrice” per il referendum costituzionale volto ad una maggiore democratizzazione del Paese. Lo sviluppo economico e il ruolo di pace e insieme di Resistenza antinazista della Bielorussia nel racconto di Igor Camilli per “Cumpanis”.

 di Igor Camilli, Segretario Nazionale Patria Socialista - Cumpanis

È rientrata in patria, da pochi giorni, la nostra delegazione dalla Bielorussia in un clima europeo certamente più teso e insostenibile di quello trovato nella “Russia bianca”. La delegazione, composta da chi scrive, dal Senatore del Partito Comunista Emanuele Dessì e dal Presidente dell’Associazione di Solidarietà con la Bielorussia Matteo Peggio, aveva programmato questo viaggio di approfondimento solidale, di conoscenza del Paese e come osservatore elettorale da diversi mesi.

Il viaggio si è sviluppato attraverso diversi incontri: Commissione Esteri del Paese, Associazioni culturali, Camera di Commercio, visita ai musei della Memoria, per poi giungere ai meeting con il Partito Comunista Bielorusso e alle iniziative pubbliche.

La visita ci ha permesso innanzitutto di comprendere più da vicino quanto alcuni aspetti politici della storia bielorussa non abbiano minimamente perduto di valore, acquisendone, anzi, di più nel tempo rispetto alla modernità.

Il Paese si presenta come un museo sovietico istituzionale a cielo aperto, il passaggio delle ere rivoluzionarie fa da cornice alla modernità architettonica, in una armonia tipicamente bielorussa che esprime, in ogni angolo, un senso di benessere popolare dato da una presenza costante e ritmica tra lo Stato e il libero mercato; ed è qui che si sviluppa un’economia nazionale che contempla il rispetto dei lavoratori, il rispetto della cosa pubblica e la tolleranza verso le attività e i mercati liberali.

Il chiarimento è giunto durante l’incontro con il Presidente della Commissione per gli Affari Esteri del parlamento bielorusso, Savinykh.

L’economia che sorge da Minsk si fonda sul socialismo di mercato, più volte citato dalla Repubblica Popolare Cinese come esempio euroasiatico, come modello possibile in contrapposizione ad un mondo tutto volto al profitto, che toglie importanti virtù allo Stato e quindi ai popoli.

In Bielorussia, là dove alcuni segmenti di mercato sono appannaggio dello Stato, non vi è possibilità di intraprendere concorrenza né da una parte né dall’altra, garantendo in questo modo ciò che Patria Socialista va sostenendo da anni: il profitto sociale, ovvero, aree di mercato che, garantendo esclusività di profitto allo Stato e quindi alla società popolare, garantiscono guadagni da investire in servizi per il cittadino, abbassando così anche la pressione fiscale sui portafogli del popolo e assicurando per tutti sanità, istruzione e sport gratuiti.

Per contro, la libertà di mercato è garantita in tutti quei settori in cui la “cosa pubblica” non è presente, oppure vede una sua partecipazione a percentuali minoritarie, attuando in questo modo una modernità internazionale del Paese che genera, in questo modo, ricchezza e benessere in un contesto mondiale che non permetterebbe altre alternative. Lo sa bene la Cina e lo ha compreso bene la Bielorussia.

Del resto, a parte alcuni rari casi, le sanzioni vengono imposte a paesi il cui sviluppo del proprio sistema economico può essere una minaccia per i modelli prestabiliti oltre confine. Insomma, il socialismo è più che vivo in Bielorussia e questo ce la dice lunga sui timori delle potenze capitaliste che gli gravano attorno.

L’unità politica attorno al Presidente Lukashenko è solida: egli, a differenza di ciò che i nostri rotocalchi tentano di descriverci con dovizia di particolari senza fonte alcuna, è quasi una figura super partes che non rappresenta un’espressione di partito ma un simbolo unitario di maggioranza, sostenuto da una sorta di coalizione di cui fanno decisamente parte i comunisti bielorussi.

Per questo motivo la presenza del Presidente è rimasta in piedi per così tanto tempo, egli rappresenta l’equilibrio tra le istanze politiche come simbolo della nascita di una vera e solida Costituzione dal 1994; insomma, è una figura garante dell’equilibrio e dei valori fondanti del Paese, e in questa fase di attacchi politici alla Bielorussia e di desideri di infiltrazione direi che non è poco.

Di fatto, il referendum a cui la nostra delegazione ha assistito come osservatore internazionale esprime la volontà di un paese maturo di aderire maggiormente ai dettami di una democrazia a tutti gli effetti, come si legge in uno dei punti che prevede la riduzione a due mandati per il Presidente.

La democrazia bielorussa, inoltre, già da decenni, utilizza dei comitati territoriali cittadini che partecipano attivamente alla politica del governo, garantendo così che le voci sulle necessità specifiche di vivibilità abbiano un canale diretto con le riforme sul territorio, una struttura simile a quella che Cuba utilizza da dopo la Rivoluzione.

Il referendum si è svolto in un clima pacifico e armonico con grande partecipazione dei cittadini (circa l’85%) che si sono espressi in forte maggioranza per il SI alle modifiche costituzionali.

Anche l’incontro con la ONG, Belaya Rus, è stata di grande importanza: questa associazione si occupa di promuovere sul territorio eventi culturali che attraversano tutta la popolazione, soprattutto le generazioni più moderne che vivono con partecipazione i lavori sociali del Paese, e coltivare storia, tradizione, intrattenimento ludico e cultura è un passaggio essenziale per la costruzione di una civiltà avanzata; ci auspichiamo che ben presto si possano portare questi aspetti culturali anche nel nostro Paese, per la costruzione di rapporti tra il popolo italiano e quello bielorusso e che le nostre culture possano trovare momenti di intrattenimento che allontanino qualsiasi fobia e intolleranza si cerchi di diffondere tra i popoli in questo momento. Tra l’altro, abbiamo scoperto una Bielorussia che ama profondamente l’Italia, le nostre tradizioni, il nostro approccio culturale e tantissimi bielorussi scelgono l’Italia come luogo per le loro vacanze. 

Patria Socialista con la presenza di tutta la delegazione ha, inoltre, portato a termine il suo incarico di incontrare la Direzione del Partito Comunista Bielorusso, di conoscere e confrontarsi con Aleksey Sokol, Segretario Generale del Partito, a cui abbiamo ribadito la nostra solidarietà e il nostro sostegno al popolo bielorusso di fronte alle ignobili azioni sanzionatorie che colpiscono, in primo luogo, i popoli del mondo da decenni.

I lavori intrapresi con il Partito Comunista della Bielorussia: come ci siamo augurati entrambi, vedranno un rapporto diretto, di sostegno alle reciproche attività internazionali e vedranno sfociare tale progetto in una visita il 9 maggio al fine di festeggiare insieme il Giorno della Vittoria sul nazifascismo presso la città di Minsk.

Inoltre, abbiamo convenuto sulla necessità di lavorare a delle interpretazioni aggiornate del marxismo, di valorizzare i principi del patriottismo e ribadire l’indipendenza dei popoli: queste sono state le principali tematiche di confronto e di incontro con la Direzione del Partito Bielorusso che, di fatto, ci ha fraternamente concesso di poter svolgere la diretta con la piazza di Roma nella manifestazione del 26 febbraio del “Comitato contro il governo Draghi e contro la guerra”, presso la Sala Conferenze della direzione nazionale del Partito, diretta in cui, anche il Segretario nazionale Nikolai Valovich ha portato il suo saluto, ufficializzando così il legame fraterno e militante che da oggi unirà le nostre due organizzazioni.

Un tema centrale che spesso è emerso è quello del ruolo che la Bielorussia ricopre nel conflitto in Ucraina: abbiamo ascoltato e letto diversi giornali in quei giorni a Minsk, ci siamo confrontati con diverse istanze sociali e governative e crediamo con convinzione che, fino ad oggi, la Bielorussia abbia ricoperto un ruolo di pace per quel conflitto, non soltanto perché le prime trattative sono stati gli accordi di Minsk e non soltanto perché il territorio bielorusso continua ad essere scelto, per il suo equilibrio, da ucraini e russi  come luogo per costruire la pace, ma anche perché la Bielorussia ha compreso l’importanza civile di sostenere le comunità del Donbass che hanno intrapreso la loro resistenza contro il neonazismo dilagante, presente nelle istituzioni nazionali e locali ucraine e nei battaglioni militari offensivi che bombardano le terre del Don.

La minaccia neonazista in paesi come la Bielorussia è particolarmente sentita, come dovrebbe esserlo in Europa, perché la loro Storia è storia di massacri della popolazione civile inerme, di morte e di torture prodotte dal nazismo storico ma anche dal collaborazionismo ucraino che si è macchiato di gravi e disumani delitti in diversi villaggi della Russia bianca, come ci ha ricordato il gigantesco monumento a cielo aperto alle vittime del massacro di Katyn, in cui 180 villaggi subirono l’olocausto più bestiale.

Certamente, tali preoccupazioni non sono da sottovalutare dati i rapporti che spesso sono intercorsi nella storia da parte dell’Europa e delle forze atlantiste con l’estrema destra e il rischio non contenuto di massacri perpetrati in nome e memoria del terzo Reich.

La Bielorussia, per ragioni storiche, tradizionali e sociali è parte integrante di quella comunità russa che esprime le maggioranze dell’Est Europa fino ai confini con l’Estremo Oriente e non può risultare strano a nessuno che l’unità di un popolo intero, minacciata, non produca una unità di interesse umano e di destino.

Il legame dei popoli russi, che contempla anche parte dell’Ucraina, è quasi di nostra fiumana memoria, pertanto se qualcosa si impara dalla Storia è quella di non cadere negli stessi errori, perché a pagarne il prezzo sono sempre i popoli e quando soccombono i popoli che hanno lavorato quelle terre e costruito quelle civiltà è assai difficile scoprire chi ha ragione di ciò che ha fatto e di ciò che ha subìto. La morte, purtroppo, non dà appelli e in un mondo così avanzato la via della pace deve sempre avere il primato su qualsiasi altra strada.

Così, la Bielorussia che abbiamo conosciuto, attraversato, vissuto è un Paese di pace tra i popoli ma altresì un Paese fiero della propria Resistenza e del proprio antinazismo e sappiamo che il suo ruolo è vigilare perché certi aberranti scempi non avvengano più.

Per mantenere la pace si hanno sempre dei costi più elevati rispetto al distruggere tutto con una guerra e l’arma onorevole della diplomazia è sempre la vittoria più grande.

Con questo auguriamo a tutti i figli della Bielorussia di non scalfire mai il proprio carattere per continuare a perseguire un bene più alto, un bene collettivo. Soltanto così cresceranno le Patrie.

 

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