Pedro Castillo vince in Perù: una straordinaria affermazione e le sfide future

Pedro Castillo vince in Perù: una straordinaria affermazione e le sfide future

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Finalmente possiamo dirlo: dopo una lunga ed estenuante maratona per lo spoglio di tutte le schede, il maestro marxista Pedro Castillo è il nuovo presidente del Perù, anche se manca ancora l’ufficialità a sancire la sconfitta della destra neoliberista di Keiko Fujimori. 

La situazione è però ormai definita: secondo i calcoli dell’autorità elettorale peruviana, con il 99,79% dei voti elaborati e e il 98,33% di quelli conteggiati, il candidato Pedro Castillo ha raggiunto 8 milioni 735 mila 448 voti pari al 50,206%, mentre Keiko Fujimori ha ottenuto 8 milioni 663 mila 648, ossia il 49,794% dei voti.

La differenza è minima, di 0,4 decimi per Castillo, anche se potrebbe ampliarsi leggermente considerando che ci sono voti rurali da contare e visto che il voto all'estero, favorevole a Fujimori, è stato conteggiato al 100%, spiega Mision Verdad.

Tuttavia, l'Ufficio Nazionale dei Processi Elettorali (ONPE), l'organo elettorale, ha riferito l'esistenza di atti contestati o osservati (contestati) dai partiti Perù Libre e Fuerza Popular. 

Secondo alcune possibilità matematiche, solo se questo processo viene svolto in maniera arbitraria o selettivo nei confronti di Perù Libre si potrebbe ribaltare l'equilibrio elettorale fin qui definito. Come? Annullando i voti favorevoli a Castillo e assegnando quelli contestati a Fujimori.

Quindi a meno di ribaltoni al momento improbabili, il maestro rurale Pedro Castillo sarà il nuovo presidente del Perù.

Chi è Castillo? 

Nato nella provincia di Chota, dipartimento di Cajamarca, una zona remota e umile. È un insegnante rurale di scuola elementare e ha iniziato la sua carriera politica nel 2002 quando si è candidato a sindaco di Anguía (perdendo). 

Nel 2017, è diventato leader sindacale durante uno sciopero dell'istruzione.
La sua richiesta di migliori stipendi per quelli del suo sindacato - tra l'altro - lo ha reso il volto visibile dei professori che negoziavano con i membri del Congresso. Da allora la sua dimensione popolare è indiscutibile. Ai comizi brandisce una matita gigante. 

Il suo slogan della campagna è "non più poveri in un paese ricco”. 

Una vittoria nonostante la guerra mediatica

La vittoria di Castillo acquista ancora più valore se andiamo ad analizzare il contesto. La campagna per il secondo turno è stata infatti caratterizzata da un forte contenuto anticomunista del ‘Fujimorismo’ con il sostegno aperto e attivo della stragrande maggioranza dei media. Una vera e propria campagna di demolizione contro il candidato della sinistra, come l’ha definita con straordinaria efficacia, l’inviato a Lima del quotidiano argentino Pagina|12 Carlos Noriega. 

I media mainstream, con la narrazione che ben conosciamo e le solite distorsioni, sono stati tutti allineati con la candidata della destra neoliberista e coalizzati per attaccare il candidato alla presidenza di Perù Libre, Pedro Castillo. Cercando al contempo di ripulire l’immagine non proprio positiva di Keiko Fujimori, che porta dietro di sé autoritarismo e corruzione. 

Castillo, spiegava Noriega, è stato colpito da una massiccia campagna di paura. I media hanno affermato che la sua vittoria porterebbe "una dittatura comunista" e la presa del potere da parte dei “terroristi di Sendero Luminoso”. Con il solito corollario, una narrazione trita e ritrita uguale a quella degli anni 50’: il governo comunista di Castillo priverà il popolo delle case e dei risparmi. Le aziende chiuderanno, la disoccupazione crescerà drammaticamente, ci saranno gravi carenze. 

Dal canto suo, la neoliberista Fujimori non è stata da meno. "Morte al comunismo, morte a Cerrón e Castillo”, ha esclamato durante un comizio il suo alleato Rafael López Aliaga, un fascista noto come "Porky", terzo al primo turno con l'11,7 per cento e che al secondo turno è diventato un attivo alleato di Keiko. Un membro del Congresso eletto dal partito fascista guidato da López Aliaga, l'ammiraglio in pensione Jorge Montoya, ha annunciato che quando entrerà in carica a luglio presenterà un progetto di legge per bandire i partiti di sinistra. Seguendo questa linea di minacce, alti funzionari in pensione, tra cui una mezza dozzina di membri del Congresso eletti, hanno rilasciato una dichiarazione con tono golpista che invitava a serrare i ranghi per non permettere il trionfo del "comunismo".

Insomma, la destra ha cercato disperatamente di difendere la continuità del nefasto modello neoliberista.

La potente macchina mediatica è stata messa al servizio della candidatura della destra e i giornalisti che non schierati vessati o licenziati. Il caso più noto è quello del direttore dei notiziari del principale canale televisivo in chiaro, América, e del più importante canale di notizie via cavo, Canal N - entrambi di proprietà del Grupo El Comercio, che controlla anche l'80 per cento dei quotidiani cartacei - Clara Elvira Ospina, licenziata dopo il primo turno elettorale poche ore dopo aver incontrato Keiko e avergli detto che la linea di informazione di entrambi i canali non sarebbe stata messa a disposizione della campagna di Fujimori.

Cosa succede adesso in Perù?

Castillo Terrones ha promesso di attivare i meccanismi per convocare un'Assemblea Costituente, al fine di creare un'altra Costituzione che dovrebbe comprendere tutti i settori del Paese. Allo stesso modo, ha anche detto che approverà la formazione di una nuova Corte costituzionale, eletta in consultazione popolare, poiché i magistrati eletti dal Congresso, dice, "stanno difendendo una Costituzione che ha posto fine a tutti i diritti e ha saccheggiato il Paese”. 

Le sue proposte politiche includono un mix di politiche economiche anti-neoliberali e posizioni socialmente ‘conservatrici’ sulle questioni di genere e LGBT. Le proposte includono la nazionalizzazione delle miniere, del petrolio e del gas e ha affermato che lo Stato deve assumere un ruolo di primo piano nell'economia, con industrie statali in grado di competere con il settore privato. Definisce questo modello come un'"economia popolare con mercato”.

“Attualmente, viviamo in un sistema capitalista che si definisce rinnovato, in un'economia neoliberista imposta dal 1993 e che è andata contro gli interessi della grande maggioranza del paese. Per cambiare questa triste realtà dobbiamo proporre aggiustamenti economici radicali”, ha affermato il leader di Perù Libre.

Per questo motivo dopo decenni di crescita senza redistribuzione, Castillo ha promesso che andrà avanti con un nuovo regime economico, caratterizzato dal ruolo attivo dello Stato. Il maestro promuove la già citata “economia popolare con mercato”, a cui aggiunge la revisione dei contratti statali e una nuova proporzione della distribuzione degli utili delle imprese, dove le transnazionali si appropriano del 20% e lo Stato conserva l'80% degli utili. Castillo ha anche promesso la creazione di un milione di posti di lavoro e il decentramento economico del Paese.

In politica estera il cambiamento sarà ancora più marcato. Dopo aver chiuso la sua campagna con un incontro con “Pepe” Mujica e aver ricevuto il sostegno di Evo Morales e dell'ex candidato presidenziale in Ecuador Andrés Arauz, la geopolitica latinoamericana trova un nuovo esponente socialista. In linea con le elezioni in Cile e il cambio di governo in Argentina e Bolivia, la nuova presidenza del Perù apre un nuovo ciclo di potenziale integrazione regionale da parte della sinistra, che consentirà la ridiscussione di molti dei progetti troncati nel precedente ondata popolare e che potrebbe ridefinire accordi su questioni strategiche, come ricorda il think thank CELAG nel suo rapporto post-elettorale sul Perù.

Il nuovo Perù guidato da Castillo è anche determinato a recuperare la sovranità perduta o forse mai avuta. Nel suo programma il maestro rurale afferma di voler abbandonare il ‘Cartello di Lima’ (Gruppo di Lima), espellere l’USAID e chiudere le basi militari statunitensi entro i primi 100 giorni di governo.

Il programma di Castillo coincide con il resto della sinistra peruviana nel suo piano di formare un’Assemblea Costituente per rivedere la costituzione risalente all'era Fujimori. L'obiettivo sarebbe quello di costruire uno Stato plurinazionale con la partecipazione dei movimenti sociali che, nella sua visione, formeranno il nuovo governo.

Il candidato si è differenziato dalla sinistra tradizionale sui cosiddetti diritti civili in cui è schierato contro il matrimonio ugualitario e quella che definisce "ideologia gender”, anche se afferma che la questione dell'aborto sarà decisa dalla futura Assemblea Costituente. 

Con la vittoria di Castillo per il Perù si apre una nuova strada. “Non più poveri in un paese ricco”, affermava il maestro in campagna elettorale, ora è deciso a trasformare questo slogan in realtà. L’epoca del neoliberismo è al tramonto. 

 

Fabrizio Verde

Fabrizio Verde

Direttore de l'AntiDiplomatico. Napoletano classe '80

Giornalista di stretta osservanza maradoniana

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