Libertà di formazione e di istruzione: come difendersi dall'Unione delle competenze di marca europea
di Federico Giusti
Dalla Commissione europea arriva “L’Unione delle competenze” ossa una strategia atta a intervenire direttamente nei sistemi di istruzione e formazione per costruire una Europa competitiva e pronta alle nuove sfide.
È superfluo ricordare le analogie esistenti tra le linee di intervento in materia di rilancio dell'economia e della struttura industrial- militare comunitaria e l'attuazione del percorso formativo indispensabile alla realizzazione delle stesse.
Al contempo esiste anche l'oggettiva necessità di costruire una egemonia ideologica e culturale attorno a un sistema di valori e di pratiche funzionale agli obiettivi del capitale. Alcuni corsi di laurea saranno indubbiamente sacrificati a favore di altri, non dimentichiamo poi la importanza di quel percorso omologante alla normalità della guerra senza cui sarà assai difficile affrontare le sfide dei prossimi anni. Forse abbiamo fatto un po' di confusione ma in sostanza vorremmo far passare l'idea che i percorsi di ristrutturazione economica, come ogni disegno strategico, necessitino di una campagna ideologica e culturale di legittimazione dei percorsi attuati, di costruire in partenza una nuova classe dirigente, far vincere l'idea che determinati processi non siano arrestabili e vanno solo favoriti senza mai sollevare dubbi e perplessità di sorta,
Ormai da tempo si favorisce l'accesso a dei corsi di laurea a discapito di altri, non siamo davanti solo a una lista di priorità per i processi di ristrutturazione, esiste anche una esigenza ideologica di omologazione alla normalità della guerra perchè l'economia di guerra dominerà gli scenari dei prossimi anni
Prendiamo ad esempio il mondo dell'istruzione: ogni eventuale percorso formativo si concretizzerà nella cancellazione di innumerevoli tematiche come quelle del riarmo, della guerra, dell'autoritarismo che diventano argomenti pericolosi e contrari ai disegni strategici del capitale, da rimuovere dall'agenda formativa come accaduto in questi giorni con la cancellazione di un corso destinato ai docenti delle scuole italiane di ogni ordine e grado proprio per iniziativa del Ministero della istruzione e del merito.
Non facciamo confusione tra gli atti di indirizzo del capitale e della Ue con interventi Ministeriali che possono essere improntati a un disegno meramente repressivo per impedire la discussione su argomenti scomodi come Riarmo e genocidio. E, alla occorrenza, saranno addotte motivazioni tecnico giuridiche per non avvalorare la presenza di un disegno repressivo da parte dell'Esecutivo, ergo non solo verranno ridicolizzati e minimizzati fatti e circostanze ma si farà passare l'idea che ogni forma di opposizione è tanto pretestuosa quanto illegittima.
Resta tuttavia degno della massima attenzione un fatto: le scuole di ogni ordine e grado, l'università rappresentano oggi ambiti nei quali i processi di opposizione e resistenza sono decisamente forti e diffusi, se vogliono rafforzare la cooperazione tra imprese di armi e ricerca, se vogliono normalizzare le scuole secondarie per affermare prepotentemente le linee guida di Valditara, formazione e discussione andranno ricondotti a percorsi e contenuti non ostili ai disegni Governativi. E se prima si vedeva di buon occhio (per ragioni di mero risparmio) la formazione assicurata da Enti accreditati dal Ministero, nei prossimi anni faranno le pulci sull'accreditamento e sui corsi, specie se offerti da realtà vicine al sindacalismo conflittuale e alla società civile.
Un convegno di formazione dei docenti previsto per il giorno 4 novembre non si terrà per il ritiro della autorizzazione da parte del Ministero del merito e della istruzione. Una decisione, quella del Ministero, apparentemente suggerita da ragioni tecniche ma in realtà di natura politica vista la natura del convegno (contro la militarizzazione delle scuole e dell’università, contro il genocidio e il Riarmo) e i relatori previsti.
Quanto accaduto è solo l’inizio di un percorso repressivo per normalizzare il mondo della conoscenza ai contenuti delle circolari ministeriali, la formazione dei docenti dovrà avvenire su certi argomenti e non su altri e senza dare adito a visioni critiche della realtà. La conoscenza e la formazione saranno ammesse solo se compatibili con le politiche del Governo. Da qui a ipotizzare il restringimento degli spazi di libertà e di democrazia la differenza è veramente esigua.
È inutile girarci attorno, siamo davanti a un contesto nel quale uno sciopero lanciato in nome dei principi costituzionali, il 3 ottobre scorso, si potrebbe trasformare in sanzioni pecuniarie pesantissime a carico dei sindacati promotori. Parlare di genocidio e opposizione al riarmo, spiegare che le risorse destinate al riarmo saranno sottratte al sociale e in particolare a sanità e istruzione è diventato ormai un atto eversivo.
E queste premesse si rendono necessarie perché ogni limitazione del diritto di parola e di sciopero si prefigura come una risposta securitaria e repressiva scatenata contro i milioni di uomini e donne scese in piazza contro il Genocidio del popolo palestinese augurandosi che la stessa risposta arrivi il giorno 28 Novembre in occasione dello Sciopero generale contro la Manovra di Bilancio. Detto questo sarà il caso di metterci a studiare e comprendere lo stretto legame tra le direttive europee in materia di competenze e quanto avviene nelle nostre scuole e nei luoghi di lavoro
Veniamo da anni nei quali la soggettività è divenuta una sorta di acritica esaltazione del proprio operato senza mai arricchire i nostri ragionamenti con i documenti strategici della Ue in materia di difesa, economia e finanza, per questo si parla di riarmo in termini generici e approssimativi, non esiste riferimento alcuno al ruolo della finanza, agli investimenti nelle aziende produttrici di armi.
A leggere quella documentazione si evince che siamo davanti a una strategia di lungo corso e le parole ricorrenti restano sempre le stesse ossia crescita, innovazione, competitività. È indubbio che l'ambizioso obiettivo di trasferire competenze a tutta l'Unione Europea è tutt'altro che scontato, siamo davanti a una Europa a più velocità con settori capitalistici ancora arretrati, sistemi scolastici e formativi assai differenti tra di loro. E se da una parte si rende indispensabile l'omologazione delle scuole, dell'istruzione dei percorsi formativi a determinati disegni strategici, per superare le difficoltà serve una solida base educativa, il ripristino della mobilità sociale, il superamento delle tradizionali barriere nazionali. La stessa nozione di competenza potrebbe soppiantare dei percorsi culturali e di studio veri e propri, nell'immaginario collettivo si va costruendo un cambiamento epocale al centro del quale troveremo la normalità della guerra, la disuguaglianza sociale ed economica come fatto incontrovertibile, la omologazione ai disegni strategici dei dominanti, l'intervento repressivo e preventivo statale contro le voci critiche e l'opposizione sociale.
Abituarsi alla normalità della guerra comporta anche ben altre scelte e sono proprio queste scelte a manifestarsi con sempre maggiore forza. Sta quindi alla nostra intelligenza capire che quanto accade nelle scuole o nell'università non è estraneo al corpo sociale o al mondo del lavoro e al contempo i processi di ristrutturazione nei luoghi della produzione investono direttamente il mondo formativo.

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