Il J-20 Mighty Dragon: il drago cinese che sfida il dominio aereo occidentale

Un caccia furtivo che incarna l’ascesa tecnologica e militare di una potenza globale

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Il J-20 Mighty Dragon: il drago cinese che sfida il dominio aereo occidentale


di Fabrizio Verde

Nel firmamento dell’aviazione militare globale, un nuovo astro si è acceso con forza inesorabile: il Chengdu J-20 Mighty Dragon. Questo caccia staelth di quinta generazione non è soltanto un velivolo, ma un simbolo potente dell’ascesa tecnologica, strategica e geopolitica della Cina. Progettato e prodotto interamente dalla Chengdu Aerospace Corporation, il J-20 rappresenta oggi il fulcro dell’evoluzione dell’Aeronautica dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLAAF), segnando una svolta netta rispetto a un passato di dipendenza tecnologica e aprendo un’era di autonomia bellica che pochi anni fa sarebbe sembrata inimmaginabile. 

Il primo volo del J-20, avvenuto nel gennaio 2011, fu un evento che sconvolse gli equilibri aeronautici globali. Per la prima volta, Pechino mostrava al mondo un caccia stealth avanzato, in grado di competere direttamente con i giganti statunitensi F-22 Raptor e F-35 Lightning II, fino a quel momento considerati insuperabili. Poi, con l’entrata in servizio operativo nel 2017 e una flotta stimata intorno ai 200 esemplari in rapida espansione, il J-20 non è più una promessa: è una realtà operativa, silenziosa, letale e sempre più presente nei cieli del Pacifico occidentale

La sua struttura aerodinamica, caratterizzata da una configurazione alare delta con piani canard anteriori, conferisce al velivolo un profilo unico, distintivo rispetto ai suoi omologhi occidentali. Questa scelta progettuale non è solo estetica, ma funzionale: migliora la manovrabilità a elevate velocità e contribuisce a ridurre la sezione radar (RCS), rendendo il J-20 estremamente difficile da rilevare. Il design stealth è completato da superfici angolate, materiali assorbenti il radar, prese d’aria schermate per nascondere le palette del motore – principali punti di riflessione radar – e da un sistema di armamenti interni che preserva l’invisibilità elettromagnetica durante le missioni critiche. 

Il cuore pulsante del caccia J-20 è in fase di trasformazione radicale. Se inizialmente il velivolo dipendeva da motori russi Al-31, oggi monta con crescente regolarità il motore cinese WS-10C, e in futuro sarà equipaggiato con il tanto atteso WS-15. Quest’ultimo rappresenta un salto qualitativo epocale: promette la capacità di supercrociera, ovvero il volo supersonico prolungato senza l’uso di post-bruciatori, aumentando autonomia, raggio d’azione e sostenibilità operativa. Con un raggio combattente stimato intorno ai 2.000 chilometri, il J-20 è in grado di proiettare potenza d’attacco ben oltre le coste cinesi, arrivando a minacciare asset strategici nemici nell’Indo-Pacifico, dalle basi USA di Guam alle rotte marittime contese nel Mar Cinese Meridionale ed Orientale. 

Ma il J-20 non è solo un caccia aereo: è un nodo centrale in una rete di guerra integrata. L’arrivo della variante biposto J-20S ha aperto scenari tattici inediti. L’ufficiale addizionale a bordo non è un semplice navigatore: è un “controllore” di droni “wingman”, capaci di operare in autonomia o in formazione con il J-20, amplificando esponenzialmente la sua capacità di sorveglianza, attacco e guerra elettronica. È un modello operativo che la Cina ha studiato e fatto proprio, anticipando in alcuni casi lo sviluppo statunitense, e dimostrando una visione strategica coerente e lungimirante

Dotato di radar AESA (Active Electronically Scanned Array), sistema IRST (Infrared Search and Track), fusione dati avanzata e sensori elettro-ottici di ultima generazione, il J-20 è in grado di rilevare, tracciare e ingaggiare più bersagli simultaneamente, con un livello di consapevolezza situazionale che lo pone ai vertici della moderna avionica. Il suo cockpit, completamente digitale ed ergonomico, riduce il carico di lavoro del pilota e massimizza l’efficacia operativa, trasformando l’equipaggio in un’estensione diretta del sistema d’arma. 

Con un costo variabile tra i 100 e i 120 milioni di dollari per unità – un prezzo competitivo rispetto al caccia F-35 – il J-20 beneficia di economie di scala crescenti e di un programma di sviluppo nazionale che ha fatto della sovranità tecnologica una priorità assoluta. A differenza di molti caccia occidentali, oggi appesantiti da costi esorbitanti, ritardi e dipendenze industriali frammentate – l’F-35 è in tal senso paradigmatico - la Cina ha costruito il J-20 con una visione unitaria, centralizzata e priva di compromessi politici. 

Strategicamente, il J-20 è un ‘game changer’. È lo strumento principe della deterrenza cinese nel triangolo sensibile di Taiwan, Mar Cinese Orientale e Mar Cinese Meridionale. La sua capacità di penetrare spazi aerei difesi, di neutralizzare asset aerei nemici e di operare in regime stealth complica in modo esponenziale i piani di intervento degli Stati Uniti e degli alleati regionali. La superiorità aerea iniziale, elemento cruciale in qualsiasi scenario di conflitto, non è più un monopolio statunitense. Il J-20 costringe Washington a rivedere le proprie basi, le tattiche di schieramento e la dottrina operativa nel teatro indo-pacifico. 

Più di un semplice caccia, il J-20 è un simbolo. Il nome “Mighty Dragon” – Drago Potente – non è retorica: è un richiamo culturale, storico e strategico. Il drago nella tradizione cinese incarna potere, autorità e destino. Oggi, quel drago vola davvero, silenzioso e letale, e guarda dritto verso l’orizzonte del dominio dei cieli. Mentre le potenze occidentali faticano a mantenere il passo, divise da crisi interne e alleanze sempre più logorate, la Cina avanza con determinazione, progettualità e forza tecnologica. Il J-20 ne è la prova concreta. 

 

Fabrizio Verde

Fabrizio Verde

Direttore de l'AntiDiplomatico. Napoletano classe '80

Giornalista di stretta osservanza maradoniana

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