Giorno della Memoria: Ricordare per non ripetere. Una risposta dell'On. Gabriele Lorenzoni (M5S)

Giorno della Memoria: Ricordare per non ripetere. Una risposta dell'On. Gabriele Lorenzoni  (M5S)

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Gabriele Lorenzoni è un deputato M5S e dal 22 gennaio 2020 facilitatore regionale per le relazioni interne con gli eletti del Movimento 5 Stelle del Lazio. E' stato criticato per un post pubblicato il giorno della memoria che riproponeva una vignetta con un parallelo all'attualità tratto dal film La Vita è Bella. Ha deciso di inviare a l'AntiDiplomatico una risposta alle critiche. (Agata Iacono)

 

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di Gabriele Lorenzoni*

 

RICORDARE PER NON RIPETERE

Mi sento di scrivere questo articolo per scrivere di un argomento delicato che merita di un approfondimento, e chiarire pacatamente, a freddo e a distanza di alcuni giorni, il senso del post da me pubblicato e che ha suscitato alcune polemiche politiche durante la Giornata della Memoria. Ho deciso di non cancellarlo: non mi devo vergognare di nulla. Anche le piattaforme di Facebook e Instagram, nonostante le segnalazioni, non l’hanno rimosso, in quanto non contravviene alle linee-guida: non è un post che genera odio e intolleranza, tantomeno un post anti-semita.

Premessa nel merito: ho visitato il campo di concentramento di Buchenwald. Conosco la Storia, è una materia che mi appassiona. Conosco gli orrori della Shoah, e il significato della Giornata della Memoria. Ho profondo rispetto delle sofferenze del popolo ebraico.

Mi preme sottolineare che non ho pubblicato una vignetta satirica: nel fermo immagine si vede un ragazzino che legge un cartello dove viene specificato chi non può entrare in un negozio (“Non vaccinati o vaccinati da più di 6 mesi senza booster” e i cani), tratto dal film “La vita è bella”, ma riadattato ai giorni nostri, in quanto descrive polemicamente la realtà che stiamo vivendo oggi, piaccia o meno. E’ sicuramente un post “politicamente scorretto” e provocatorio rispetto alla narrazione mediatica che viviamo quotidianamente, ed ero consapevole che mi sarei esposto ad attacchi strumentali, anche dall’interno della mia stessa formazione politica.

Chiunque ha visto “La vita è bella” sa che è un film diviso nettamente in due parti, e l’immagine da me pubblicata è relativa alla prima parte. Non ho fatto alcun riferimento all’Olocausto (la deportazione e le stragi iniziarono in Italia dopo la resa agli Alleati nel settembre 1943, con il Paese nel caos sotto la furia nazista con la complicità dello Stato fantoccio della Repubblica di Salò), bensì alla fase storica precedente, prima della Guerra (1938). La cosiddetta fase della “persecuzione dei diritti”, in cui in Italia il fascismo instillò scientificamente odio ed intolleranza nella popolazione, a cui dover dare in pasto un capro espiatorio per sfogare la rabbia sociale dovuta alle difficoltà di quei tempi: ma nel 1938 la “soluzione finale” era un piano ancora non attuato e sconosciuto agli italiani, abbozzato e concepito solo nella mente malata di una ristretta cerchia della élite nazista, quindi straniera. Gli italiani di allora, i nostri padri, nonni o bis-nonni, non erano pazzi o criminali; l’evoluzione di quello che sarebbe successo era ancora potenziale ed eventuale. La maggioranza della popolazione accettò quelle misure per il “bene collettivo” dell’epoca, cioè la “difesa della razza” così come concepita nel relativo “Manifesto” firmato da importanti scienziati e professori universitari. Il “Servizio Studi” del Quirinale in merito a questo riporta: “Settori importanti della ricerca italiana (Demografia e Statistica, Antropologia e Medicina sociale) contribuirono a creare, in quegli anni, una base razionale al problema della diversità e inferiorità di alcune razze rispetto ad altre (…). Gli scienziati ne diedero una giustificazione logica e razionale.” Il fondamento scientifico soltanto in seguito si rivelò inconsistente.

Mi si oppone: anche solo un paragone evocativo, nella Giornata della Memoria, costituisce un azzardo inammissibile. Non sono d’accordo, anche se mi sono scusato pubblicamente con chi ha vissuto sulla propria pelle (o su quella dei propri cari) quel dramma e si fosse sentito in qualche modo offeso da ciò che ho pubblicato, contro ogni mia intenzione. I paragoni, a mio parere, possono essere fatti, purché siano fatti con rispetto e non si tratti di semplici equazioni “ebrei=no-vax” come scritto dai giornalisti in cerca della notizia, purché non si scomodino i morti per attaccare l’avversario politico, come è stato fatto nei miei confronti. Fare un parallelismo non significa dire che ciò che è accaduto ieri è uguale a ciò che sta accadendo oggi, non significa banalizzare il dramma del passato, ma serve a trovare delle analogie, degli schemi che si ripetono, in situazioni completamente differenti. Ricordare, a maggior ragione nella Giornata della Memoria, non è un puro esercizio mnemonico rispetto a quanto successe, ma serve a capire perché è successo quello che è successo, e come un monito affinché ciò che è successo non si ripeta. In questa riflessione mi viene in aiuto una mia ex-professoressa del Liceo, che ha subìto la sospensione dal servizio a causa della sua “disobbedienza”, e contattandomi dopo aver saputo delle polemiche scaturite dal mio post, mi ha scritto: “Per Tucidide la Storia è conoscibile e prevedibile nella misura in cui lo è la natura umana. Il tema non è la sproporzione degli eventi, quanto la possibile ripetitività in contesti cambiati. Chi si scandalizza e accusa, non tiene conto del fatto che non si vuole in alcun modo sminuire la sostanza quanto evidenziare come la matrice degli eventi sia sempre la stessa, perché identica è la natura umana al cambiare delle condizioni. In questo caso ad essere simili sono l'ottusità e la grettezza di assurdi divieti e l'odio che li genera. Diceva Virgilio 'si parva licet componere magnis': la liceità di un confronto legittima le cose piccole senza nulla togliere alle grandi.”

Colpisce che chi mi ha attaccato per aver pubblicato quel post abbia completamente omesso, come se il suo subconscio volesse rifiutare di accettarlo, che l’immagine che ho pubblicato era accompagnata da un testo e un link, quello in cui un’agenzia di stampa britannica (Reuters, qui il link) riprende il comunicato di Amnesty International, una nota ONG internazionale in difesa dei diritti umani e civili, che chiede al Governo italiano, “uno dei pochissimi Paesi a prendere simili provvedimenti”, di correggere le norme considerate fortemente discriminatorie nei confronti di “non è in regola” con il ciclo vaccinale: quindi non solo i cosiddetti “no-vax” irriducibili, ma anche i vaccinati stessi che avevano creduto ingenuamente che il ciclo vaccinale si completasse dopo 2 dosi, come era stato inizialmente comunicato dalle multinazionali farmaceutiche e, a cascata, dalle autorità sanitarie europee e poi italiane. La rimozione psicologica è un altro segnale della volontà di travisare il messaggio e colpire il suo interlocutore, senza entrare nel merito di ciò che dice e del messaggio che si voleva far passare, ma limitandosi ad una critica formale.

Conosco benissimo la differenza tra essere discriminati per “condizione di nascita” ed essere discriminati per “una libera scelta”: è una differenza sostanziale. Certo, adesso c’è la possibilità di “abiurare” ciò in cui si crede, prima no. Ora si è sottoposti ad una pressione per accettare una condizione (oggi un trattamento sanitario non obbligatorio ai più, ma domani?) per non avere problemi sociali ed economici e per poter godere dei diritti civili che dovrebbero essere riconosciuti a tutti. Accettare che si possa finire agli arresti domiciliari senza processo né reato, in maniera peggiore rispetto al lockdown del 2020, in quanto senza la possibilità di prendere mezzi pubblici autocertificando i propri spostamenti per motivi urgenti, di lavoro, o di salute; essere sospesi dal proprio lavoro (sanitari, insegnanti e forze dell’ordine “non in regola”, ma dal 15 febbraio anche la popolazione sopra i 50 anni), o dover pagare centinaia di euro al mese per dimostrare con i tamponi di poter lavorare (quando, in linea di principio, tutti potremmo essere contagiati e contagiosi, quindi tutti indistintamente dovremmo farlo); non poter mandare i propri figli a scuola con il bus o il treno e discriminarli con la didattica a distanza; essere privati della socialità, della possibilità di pernottare negli alberghi e di mangiare nei ristoranti (ora discriminati pure rispetto ai turisti stranieri, che col tampone possono farlo), di fare sport e in fin dei conti privati quindi della propria dignità, significa accettare di non vivere più in uno Stato di diritto, ma in uno Stato etico ed autoritario, dove la tutela del “bene collettivo” è soltanto il pretesto ideologico, ma poco o nulla della legislazione in materia di rimozione punitiva dei diritti civili di una parte di popolazione ha valore scientifico, ora come allora. Non avrei voluto scomodare Primo Levi, ma occorre ricordare ciò che disse in una celebre intervista sulla Rai, negli anni ‘70: “(…) un fascismo, non è detto che sia identico a quello, un fascismo cioè un nuovo verbo, come quello che amano i nuovi fascisti d’Italia, cioè che ‘non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti, alcuni hanno i diritti, altri no’.In sostanza proprio questa era la riflessione della mia pubblicazione: chi riesce a giustificare le discriminazioni della realtà di oggi, per quanto sia sproporzionato il paragone, probabilmente sarebbe riuscito a giustificare le discriminazioni della realtà di ieri.

Ho ritenuto che sia mio dovere lanciare un segnale di allarme su quanto stia accadendo in Italia, e non l’ho fatto solo con questo post che ha “bucato” l’informazione in quanto strumentalizzabile, l’ho fatto in tutte le sedi istituzionali: a settembre, in occasione della conversione del decreto che istituiva il “Green Pass” per gli insegnanti ed il personale scolastico (qui il mio intervento in Commissione, qui in Aula); a ottobre, in dissenso in occasione del decreto-legge sul “Green Pass” nei luoghi di lavoro (qui); e infine a gennaio, in merito ad un ordine del giorno sul decreto “Super Green Pass” (qui), decreto a cui ho espresso voto contrario. Essendo interventi pacati, istituzionali e moderati, non erano meritevoli di attenzione. Eppure rileggendo i miei interventi di allora si può intravedere il loro carattere profetico su quello che sarebbe successo e puntualmente è successo. Le letture di Calamandrei mi aiutarono molto: se avessimo seguito i princìpi della nostra Costituzione, allora sì che ne saremmo usciti migliori. Avremmo saputo “orientare le nostre decisioni per tutelare la salute pubblica e, al tempo stesso, preservare la libertà e i diritti fondamentali dei cittadini, combattendo ogni forma di discriminazione”. Purtroppo l’informazione in Italia, a parte rare eccezioni, è a senso unico ed è un altro sintomo della carenza democratica del nostro Paese, dove sì, ognuno può esprimere il suo parere, ma il parere della propaganda è talmente preponderante che silenzia quello della minoranza.

Nella maggior parte del resto del mondo si va verso un allentamento o addirittura già alla fine delle restrizioni, che in ogni caso non hanno mai raggiunto il livello paranoico italiano. Anche in Italia, di conseguenza, lo stato di allerta rientrerà e, come nelle scorse estati, probabilmente torneremo ad una situazione di semi-normalità, per poi ripiombare nell’emergenza con l’arrivo del prossimo autunno. Sono però preoccupato per gli strascichi che tutto questo ha avuto e avrà, in termini di lacerazione del tessuto sociale, anche all’interno dei nuclei familiari, e nella dimostrazione della facilità con cui i nostri diritti fondamentali sono diventati “violabili”. Degli “effetti avversi dei decreti” infatti non parla nessuno: odio sociale, rancore, depressione, isolamento fisico e psicologico di una parte di popolazione ritenuta pericolosa e non necessaria (a cui “rendere la vita difficile per tutelare gli italiani” come detto da un esponente del Governo, come se il prossimo passo fosse quello di togliere la cittadinanza a chi non obbedisce: questa sì espressione da censurare in ogni forma), ricerca volontaria dell’infezione con possibili conseguenze mortali, tendenze suicide. Bastava fare come in Spagna, un paese mediterraneo molto simile per stile di vita all’Italia, dove governano i socialisti di sinistra, che non ha adottato a livello nazionale il Green Pass nelle sue forme estremiste e degenerative, e ha gestito meglio la pandemia in termini di contagi e morti, o in Inghilterra, patria della democrazia, dove governano i liberali di destra, dove tutte le restrizioni dei mesi scorsi sono concluse da tempo ed è stato appena tolto anche l’obbligo del vaccino ai sanitari. Non cito la Germania perché, ora come allora, è un paese da cui non dovremmo prendere esempio. La follia collettiva ha invece ipnotizzato gli italiani con la complicità dei media e dei vertici delle forze politiche che hanno reso possibile tutto questo, tra cui quella di cui faccio parte.

Sono consapevole che mi sono esposto in una maniera poco conveniente. Ma almeno ne è scaturita la possibilità di fare questa riflessione. In ogni caso ho fatto quello in cui ho creduto: schierarmi in difesa di una minoranza schiacciata. Lo ho fatto oggi, lo avrei fatto anche negli anni ’30.

 

*Membro della V Commissione "Bilancio, Tesoro e Programmazione" durante i governi Conte I e Conte II, e della VI Commissione "Finanze" durante il Governo Draghi. Dal 22 gennaio 2020 ricopre il ruolo di facilitatore regionale per le relazioni interne con gli eletti del Movimento 5 Stelle del Lazio.

 

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