“Cuba ha un cuore di bambino”. Intervista a Ismael Lema Águila, Direttore del Periodico Palante

Tra gli stand del Festival Granma Rebelde che si è tenuto a L'Avana, Ismael Lema Águila mostra i murales dietro le sue spalle: sul genocidio palestinese, sul blocco a Cuba, sul senso della parola pace in questo secolo di nuove devastazioni. In mano tiene il giornale umoristico Palante, che traspone in riso il dolore del mondo e fa riflettere in un altro modo. Ismael è muralista, caricaturista e direttore di Palante. Pubblichiamo le sue parole significative mentre in tutto il mondo si stanno svolgendo manifestazioni di rigetto del criminale bloqueo contro Cuba.

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“Cuba ha un cuore di bambino”. Intervista a Ismael Lema Águila, Direttore del Periodico Palante

 

di Geraldina Colotti

 

Qual è la linea editoriale di Palante e quale pubblico lo segue?

Palante fu creato nel '61 per idea e gestione di Fidel Castro. Il nome di Palante (che a quel tempo si chiamava Palante y Palante, semplificatosi con il tempo) sorse da una canzone rivoluzionaria che diceva: «Siamo socialisti, Palante y Palante». Si dice anche che ci fosse una frase molto popolare: «Palante y Palante, indietro nemmeno per prendere la rincorsa». Noi ci identifichiamo sempre, parlando con la gente, con il popolo e con i sostenitori, con l'idea che Palante ha un nome che implica ottimismo. Nel nostro profilo editoriale, abbiamo l'obbligo di portare alla gente un umorismo ottimista, un umorismo che prometta che le cose si risolveranno, che supereremo le difficoltà. Mai un umorismo disfattista, perché quello è andare indietro. Noi stiamo sempre avanzando.

I “gusanos” affermano che qui c’è una dittatura. Tuttavia, osserviamo che molti presunti umoristi utilizzano la loro astuzia per fare il contrario di ciò che lei promuove, ossia distruggono attraverso l’umorismo. Come affronta Palante questo fenomeno rispetto ai giovani, considerando che l’umorismo deve godere di libertà e non essere ingabbiato?

La maggior parte di questi umoristi grafici li conosciamo. Alcuni hanno persino lavorato nel nostro giornale Palante, ma dopo hanno deciso di lasciare il Paese. Quello che fanno loro, che arriva a molti giovani disinformati e manipolati, è ciò che però indica che l'umorismo ha forza, che l'umorismo arriva. Sappiamo che loro fanno il loro lavoro, un lavoro che a volte può essere da mercenari, che vengono pagati per questo e che sono contro il Paese in cui sono nati. Ma molti di loro lo fanno bene, con astuzia, come diceva lei. Noi rispettiamo questo, ma il nostro compito è fare il nostro, e farlo bene. I social network permettono a ciascuno di vedere ciò che vuole. Inoltre, le persone creano la propria bolla e, in quell'ambiente, la manipolazione è massima. Per questo, abbiamo la grande missione di cercare nuove forme di comunicazione per raggiungere tutti. Lavoriamo non solo per i giovani; molte persone che hanno vissuto tutta la loro vita con Palante lo rimpiangono e si emozionano nel vedere personaggi che hanno sempre visto. Facciamo un lavoro bello, piacevole, che ci godiamo molto. Fare umorismo richiede pensiero e intelligenza, e ci si sviluppa usando l'intelligenza. L'umorismo ha moltissimi usi, e uno di essi è anche la salute. Diciamo alle persone: «Vivete la vita con umorismo, affrontate le cose difficili con umorismo, che le possiamo vincere». Ho pensato: se c'è qualcosa che può servirci per beffare la dittatura degli algoritmi, è l'umorismo. Perché? Perché si insinua come l'acqua, si insinua ovunque. Per questo, quelli che lavorano contro la Rivoluzione lo fanno usando l'umorismo. Loro hanno risorse, molte risorse. Noi ne abbiamo poche, ma abbiamo almeno la volontà, il desiderio, il cuore e la passione.

Il senso dell'umorismo ha molto a che vedere con la disputa per il senso e per il simbolico al giorno d'oggi. Come costruiamo, difendiamo e proiettiamo i nostri simboli, che sono gli ideali? I comunisti non hanno bisogno di santi, hanno i loro eroi. Come si può contrastare questa battaglia di fronte al sistema che produce i santi del capitalismo?

La prima cosa è non dimenticare la storia, sapere da dove veniamo, chi siamo. La nostra essenza è in quella storia, in particolare quella di Cuba. Questo richiede molta divulgazione, molta educazione, ponendo l'accento sulla conoscenza che le persone devono avere. A volte, le persone non sanno dove trovare quella conoscenza, ma bisogna fargliela arrivare. Di questo si occupano il sistema educativo cubano, la cultura cubana, tutto il progetto culturale e ideologico: rafforzare nelle persone quella conoscenza. Vi dico, a volte ci sono persone che per qualche ragione non ce l'hanno. Io, invece, per esempio, ce l'ho dalla mia famiglia. Mio padre, rivoluzionario, mi faceva sempre sedere a vedere Fidel; ogni volta che Fidel parlava, non si poteva fare altro che ascoltarlo. Quella è stata l'educazione che ho ricevuto. Ora è diverso, perché il cellulare disperde molto la gente. Per questo, bisogna cercare modi piacevoli per fare arrivare le idee. Il capitalismo usa molto bene i nuovi meccanismi di seduzione e manipolazione. Ha imparato a farlo e sa che è la sua arma segreta: la seduzione, arrivare alle persone e far credere loro al sogno americano, che alla fine è un incubo. Ma c'è gente che non se ne accorge perché non guarda le notizie, non legge i giornali, è in quella bolla a guardare TikTok. La questione è come aggirare questo, come rompere questo, che è anche un blocco.

Bisogna aprire brecce usando l'ironia?

Sì. Noi, quando possiamo parlare con i giovani, li chiamiamo e cerchiamo di fare questo. Io ho già una certa età, ma conservo il mio cuore di bambino. Non lo posso lasciar andare, se lo lascio andare, mi perdo. Essere in gioco, essere sempre in gioco, questo è ciò che mi aiuta. Non posso andare a un corso senza iniziare a fare caricature. Ci sono volte in cui la gente si sente triste, forse perché pensa di aver scelto la strada sbagliata, perché vede altri apparenti successi di persone che forse hanno molte cose. Ma quella gente non ha niente, non ha niente. Io dico alla gente: io gioisco con le tre cosette che uno può avere. Gioiamo di più con le relazioni, con l'amore che possiamo scambiare tra la gente. Così quello che facciamo è uno scambio di riso, cuore e passione.

Geraldina Colotti

Geraldina Colotti

Giornalista e scrittrice, cura la versione italiana del mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique. Esperta di America Latina, scrive per diversi quotidiani e riviste internazionali. È corrispondente per l’Europa di Resumen Latinoamericano e del Cuatro F, la rivista del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Fa parte della segreteria internazionale del Consejo Nacional y Internacional de la comunicación Popular (CONAICOP), delle Brigate Internazionali della Comunicazione Solidale (BRICS-PSUV), della Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e della Rete degli Intellettuali in difesa dell’Umanità.

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