"Comuna o nada!". Intervista al sindaco venezuelano José Luis Marcano, che costruisce lo Stato comunale partendo da Barcelona

"Comuna o nada!". Intervista al sindaco venezuelano José Luis Marcano, che costruisce lo Stato comunale partendo da Barcelona

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di Geraldina Colotti


Nessuna enfasi, ma discorsi che vanno sempre al nocciolo dei problemi, che non nascondono le difficoltà da affrontare e per questo non cadono nel vuoto, ma indicano soluzioni concrete in una prospettiva di lunga durata. È forse questo il principale merito di José Luis Marcano, classe 1984, ex ministro della Comunicazione del Venezuela, oggi sindaco del municipio Simon Bolivar nella città di Barcelona, capitale dello Stato Anzoategui.
Nel 2017 è stato uno dei sindaci più votati del Venezuela, e Barcelona oggi è all’avanguardia nella costruzione dello stato comunale, basato sul potere popolare organizzato nelle Comunas. Intorno, Marcano ha una squadra di lavoro prevalentemente composta da donne, impegnate nell’innervare la lotta al patriarcato a quella contro il capitalismo e l’imperialismo a partire dal territorio.
Lo abbiamo intervistato mentre in tutto il Venezuela si sta diffondendo il documentario “La Comuna venezolana, experiencias de Barcelona”. Realizzato dal Centro Cultural La Estafeta, il lavoro è stato presentato dal presidente Nicolas Maduro per ricordare l’anniversario del Golpe de Timón, la svolta annunciata da Chavez con il famoso slogan: Comuna o nada, a ottobre del 2012.

Barcelona è diventata un modello di gestione comunale. Su cosa si basa?
Siamo coerenti con quanto ha prospettato il comandante Hugo Chávez, con le nostre leggi del potere popolare nelle quali è scritto chiaramente che l’obiettivo della rivoluzione bolivariana è il socialismo, e che per arrivarci dobbiamo costruire un nuovo stato comunale. Da qui, la funzione del municipio è stata quella di promuovere e incentivare lo sviluppo del potere popolare a partire da alcune scelte concrete in materia di economia produttiva, servizi pubblici, politiche sociali che hanno il loro punto di forza nel livello di organizzazione della comunità sul territorio, nel funzionamento dei vari Comités locali, nei Consigli comunali e nelle Comunas, già costituite in base alla Legge sul potere popolare. I principali risultati li abbiamo ottenuti riguardo il livello di partecipazione e di organizzazione delle persone alla gestione della cosa pubblica.

“Comuna o nada”, Comuna o niente, disse il comandante Chavez. Che significa questo per te oggi che il Venezuela vive un attacco multicentrico e feroce da parte dell’imperialismo e che ci sono anche critiche da “sinistra” secondo le quali il governo bolivariano starebbe abbandonando i suoi principi originari?
Quella consegna è stata una grande sfida della rivoluzione bolivariana, l’indicazione che per costruire un nuovo Stato occorra gettare le basi del socialismo. Senza dubbio, la Comuna è l’unica garanzia non solo che la rivoluzione si mantenga, ma è anche l’unica scelta possibile per arrivare al socialismo. Il documentario che ha presentato il presidente, una produzione venezuelana, realizzata dal Centro culturale Estafeta, dà atto dell’impegno nel nostro municipio per lo sviluppo del potere popolare. Si raccontano esperienze concrete di costruzione delle Comunas. Appare evidente che offrano soluzioni alla crisi che stiamo affrontando a causa degli attacchi dell’imperialismo, e che provoca ovviamente un certo malessere nella popolazione. Il documentario mostra come la coscienza politica di chi crede nella rivoluzione e nella necessità di costruire il nuovo per preservarla, è capace di affrontare la crisi individuandone i veri responsabili. Il potere popolare è il gran motore del socialismo, se venisse meno, non ci sarebbe socialismo in Venezuela.

Barcelona sta anche sperimentando modelli alternativi dal punto di vista ambientale. Ce ne puoi parlare?
Alla fine del 2018, dopo aver studiato vari modelli di riciclaggio esistenti in Europa o America Latina, abbiamo provato a metterne in campo uno nostro, basato sulla nostra realtà territoriale e a partire dall’organizzazione popolare. Così, basandoci sui Consigli comunali o sulle Comunas già funzionanti, si sono creati Comités e Brigate del riciclo per educare la popolazione sull’importanza di questo tema nella lotta al modello capitalista. Abbiamo presentato un meccanismo di classificazione dei residui che poi viene adottato dalle stesse organizzazioni comunali e in seguito viene commercializzato attraverso il municipio mediante una sua istanza, una impresa municipale. È un’esperienza ancora in via di sviluppo perché si va arricchendo di nuove acquisizioni, e perché l’obiettivo è molto più grande: far sì che le organizzazioni comunali non solo educhino la popolazione, non solo facciano raccolta differenziata a cominciare dalle proprie abitazioni, ma che acquisiscano capacità per lavorare questi materiali. Abbiamo già alcune esperienze ma ci manca ancora molto. La chiave del modello è l’auto-organizzazione dei Comités, affinché riescano a fare la propria raccolta differenziata, generino il proprio spazio di smaltimento e trasformazione dei materiali in piccola scala, in base a tecniche già sperimentate in alcuni territori comunali.
 
In che misura la costruzione dello stato comunale può interagire con la Legge contro il bloqueo?
La stessa Legge anti-bloqueo prevede la possibilità che il governo nazionale prenda decisioni e adotti misure per rafforzare la costruzione dello stato comunale. Noi, per esempio, a Barcelona, abbiamo creato un punto di rifornimento comunale che ha stimolato le decisioni prese nel segno della legge anti-bloqueo. In questi giorni, il presidente si è recato nella circoscrizione El Valle di Caracas, dove ha consegnato a una Comuna l’infrastruttura di un Mercal (Mercados de Alimentos S.A), uno dei programmi sociali per la distribuzione di alimenti incentivati dalla rivoluzione. Lo ha fatto nell’ambito della Legge anti-bloqueo. Questo è uno degli esempi concreti delle cose che si possono fare a partire da questa legge per rafforzare il modello di organizzazione popolare.

Quanto conta la memoria storica nella costruzione della comuna?
La memoria storica è determinante. Il comandante Chavez quando si riferiva alla costruzione della Comuna sottolineava con forza che il nostro popolo, il popolo venezuelano, deve attingere all’organizzazione comunale dei popoli originari, dei nostri indigeni, che vivevano in comunas e in base a un’organizzazione del territorio che permetteva loro di provvedere alla necessità basilari. Lì c’è una delle radici storiche del modello comunale venezuelano, determinante per capire fin dove possiamo avanzare, nelle circostanze attuali, in base alle nostre specifiche caratteristiche.

La questione di genere – dice il socialismo femminista - è un asse fondamentale della lotta contro il capitalismo e contro l’imperialismo. Come si riflette questo nel lavoro per la costruzione della Comuna?
Tornando sempre a Chavez, il comandante è stato molto chiaro nel dire che non ci può essere socialismo senza lo sviluppo di una società femminista, e ha messo di fronte noi uomini alla necessità di questa presa d’atto. Pertanto, rompere con i meccanismi di dominio che il modello capitalista ha imposto, che il machismo ha imposto, è fondamentale per sviluppare il socialismo. Nel nostro caso, ci siamo serviti delle politiche pubbliche nazionali, come quelle previste per le sale del “parto humanizado”, per espandere questa visione attraverso i centri comunali delle donne, nei quali fanno vita non solo le organizzazioni comunali, ma anche movimenti e forze politiche, organizzazioni come Unidas, una di quelle nate a Barcelona, e dove agiscono anche la Vicepresidenza delle donne del PSUV, e le diverse organizzazioni legate alla politica delle donne. Questi centri, che da noi sono già 8, permettono di avanzare nel femminismo popolare, per la vera emancipazione della donna attraverso l’esercizio del potere popolare sul territorio.

Non pensi che uno stato comunale possa disarticolare l’efficacia di uno stato socialista, l’esigenza di pianificazione su scala nazionale?
Io credo che in primo luogo noi siamo obbligati a costruire un nuovo Stato, e questo si fonda sull’organizzazione del popolo attraverso gli strumenti che già abbiamo per legge: i Consigli comunali, le Comunas. La forza principale è costituita dalle città comunali. Evidentemente si deve garantire una transizione il più possibile armonica nella distribuzione delle risorse e nell’amministrazione dello Stato, che però abbia come obiettivo l’organizzazione comunale. Costruire il nuovo è fondamentale anche per correggere molti errori che caratterizzano l’attuale modello, che è un vecchio modello, ma è vivo e perturba lo sviluppo della rivoluzione bolivariana. Parlo, per esempio, della corruzione e del burocratismo, perverse eredità storiche che continuano a colpire il nostro popolo.

Cosa pensi della proposta del presidente di affiancare il parlamento comunale all’Assemblea Nazionale? Come te lo immagini?
Mi sembra necessario e opportuno per lo sviluppo della rivoluzione bolivariana mettere in relazione il Parlamento comunale con l’Assemblea Nazionale. È il momento di farlo. Immagino di proseguire in quella sede il lavoro di interazione e proposta che stiamo portando avanti nello Stato Anzoategui con le 149 Comunas esistenti e con i Consigli comunali, per rafforzarle attraverso il lavoro politico nazionale.
 
Tu sei candidato per il Psuv alle elezioni parlamentari del 6 dicembre. Qual è il tuo programma e cosa significa fare campagna in piena pandemia?
Prima di tutto, il nostro è un programma collettivo, il programma della rivoluzione bolivariana per il paese attraverso le principali leggi di protezione del lavoro, della famiglia, della donna, dei giovani, di promozione del sistema educativo e della cultura, dell’imprenditoria e dell’organizzazione comunale, in questa pandemia e oltre. C’è un gran progetto della rivoluzione bolivariana in questa tappa, e questo è il mio programma. Ovviamente, dedico uno sforzo particolare al tema che considero strategico e cruciale per sostenere questo programma collettivo, ossia il potere popolare, l’organizzazione e la partecipazione dei cittadini e delle cittadine nel nuovo Stato comunale: perché penso sia una fonte di nutrimento politico e che abbia anche molto a che vedere con le soluzioni che servono oggi ai problemi del paese. 
 

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