Alla Aleksandrovskaya e le persecuzioni del regime di Kiev: una sentenza CEDU "stranamente" censurata

Alla Aleksandrovskaya e le persecuzioni del regime di Kiev: una sentenza CEDU "stranamente" censurata

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di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

Prima dell'inizio dell'operazione speciale russa la giustizia europea riconosceva e condannava le persecuzioni politiche in Ucraina. Uno dei casi più eclatanti, passato per il silenziatore della stampa del “mondo libero”, è stato quello di Alla Aleksandrovskaya, quattro volte deputata del Partito Comunista Ucraino (KPU) e cittadina onoraria di Charkov.

Il 25 marzo 2021, la Corte europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) si era pronunciata sul suo caso giudiziario, riconoscendo come illegale e irragionevole la sua detenzione e stabilendo un risarcimento di 15.600 euro per danni morali.

Inoltre il tribunale di Strasburgo disponeva il pagamento di 3.000 euro per l'assistenza legale di avvocati e 563 euro per altri costi e spese. In totale lo Stato ucraino è stato condannato a pagare 19.163 euro per la persecuzione dell’esponente comunista.

L’arresto

Per somma beffa l’arresto illegale dell’ex deputata era avvenuto il giorno del ventesimo anniversario della Costituzione ucraina, il 28 giugno 2016. A quasi 68 anni e con uno stato di salute critico, Alla Aleksavskaya era stata tradotta nel SIZO n.27 di Charkov, l’unità di isolamento preventivo. Del suo caso si erano occupati in Italia i comitati del Coordinamento Ucraina Antifascista, dopo la denuncia lanciata dal KPU con Solidnet.

Purtroppo la mobilitazione non era riuscita né a squarciare il silenzio stampa sulla vicenda dei nostri media, di solito sempre vigili sui diritti dell’opposizione filo-liberale in Russia o Venezuela, né ad attirare l’attenzione degli attivisti per i diritti umani, come le tante organizzazioni che negli anni precedenti chiedevano la liberazione dell’oligarca Julia Timoshenko.

Eppure la Aleksandrovskaya era stata messa in carcere preventivo senza processo per due mesi, nonostante soffrisse di problemi cardiovascolari. Questo dimostra per l’ennesima volta il modo in cui i diritti umani vengono usati in maniera politica: tutelati quando si tratta di attaccare i challengers degli USA, ignorati quando si tratta di far passare regimi autoritari per democrazie da difendere.


Dentro una gabbia

Sessanta giorni di carcere avevano deteriorato progressivamente le condizioni di salute dell’anziana donna. La difesa era riuscita a far sottoporre la detenuta alla visita di un medico-cardiologo privato che aveva avvisato sulla possibilità di complicazioni, incluso l’arresto cardiaco. Inoltre il 9 settembre le era stata diagnosticata una condizione di pre-ictus, che si manifestava con perdita dell’orientamento e disturbi nel linguaggio.

Nonostante questo quadro clinico il 27 settembre la corte aveva prorogato fino al 28 ottobre la detenzione preventiva, benché la Corte d'appello della regione di Kharkov avesse in precedenza accolto il ricorso per il rilascio entro il primo ottobre.

Inoltre in diverse immagini delle udienze la donna era apparsa in aula rinchiusa dentro una gabbia, come una pericolosa criminale. Le accuse nei suoi confronti erano corruzione di un funzionario e “minaccia all’integrità territoriale e all’inviolabilità dell’Ucraina”, art. 110 seconda parte del codice penale ucraino. In un comunicato del Partito Comunista della Federazione Russa, il segretario Gennady Zyuganov aveva denunciato la persecuzione politica dei comunisti in Ucraina, definendo “inventata” l’accusa nei confronti della Aleksandrovskaya, un caso “fabbricato ad arte” e funzionale alla “martellante propaganda della decomunistizzazione”.

Come prova di ciò è stato riportato da diverse fonti della scomparsa del testimone chiave contro l’ex deputata di Charkov.

“Ha accusato Alla Aleksandrovskaya dei presunti crimini in modo vago e procedurale. Gli avvocati hanno interrogato il coniuge civile di questo testimone, che confermato le pressioni esercitate su di lui dalla SBU. Questa pressione spiega il fatto che sia stato obbligato ad incriminare Alla Aleksandrovskaya, dopo di che è scomparso", sosteneva la difesa.

Dopo i quattro mesi di detenzione preventiva la misura cautelare è stata tramutata in arresti domiciliari con braccialetto elettroni 24 ore su 24. Davanti alla possibilità di essere liberata durante uno scambio di prigionieri con la Russia, l’ex deputata si era rifiutata sostenendo che avrebbe fatto valere la sua innocenza in aula.


Per la giustizia europea c’era un accanimento degradante e ingiustificato

E così è effettivamente accaduto. Seppur a distanza di diversi anni, con una sentenza emessa nel 2021 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo aveva riconosciuto:

- la detenzione illegale e ingiustificata di Alla Alexandrovna nel Giorno della Costituzione il 28 giugno 2016 (violazione del paragrafo 1c dell'articolo 5);

- l'arresto per 4 mesi come eccessivamente lungo (violazione del paragrafo 3 dell'articolo 5 della Convenzione);

- la detenzione in gabbia metallica come trattamento degradante (violazione dell'articolo 3 della Convenzione).

La giustizia europea riconosceva dunque l’arbitrarietà della giustizia ucraina e il suo accanimento ingiustificato verso una dirigente politica dell’opposizione messa al bando. Le stesse autorità europee, che oggi sostengono militarmente l’Ucraina “per difendere i valori europei di democrazia e libertà”, erano perfettamente al corrente delle violazioni dei diritti umani compiute nel Paese durante la “decomunistizzazione”. Prima del 24 febbraio 2022  queste persecuzioni venivano condannate dal tribunale di Strasburgo, dopo sono state messe al bando dai principali organi di informazione come “propaganda russa”.

Sulle cause di questa trasformazione si possono azzardare delle verosimili ipotesi: forse perché sarebbe difficile giustificare l’invio di armi ad un governo che reprime il suo popolo? Forse perché uno Stato che mette al bando e perseguita l’opposizione cessa di essere democratico per la definizione stessa di democrazia? Alcune volte in TV o sui quotidiani si definisce l’Ucraina una “giovane democrazia limitata”, una formula decisamente paradossale: la democrazia limitata dalla repressione politica è un eufemismo di dittatura, una dittatura che non accetta e soffoca l’attività politica delle opposizioni alle politiche orientate ad Ovest del governo di Kiev.


Le persecuzioni politiche in Ucraina

La messa al bando di tutta l’opposizione e la sinistra ucraina è giustificata agli occhi dell’opinione pubblica italiana come una conseguenza dell’aggressione russa. I fatti invece dimostrano che le persecuzioni politiche sono iniziate subito dopo l’Euromaidan.

Il segretario del KPU, Petro Simonenko, era scampato ad attentati già nel 2014, mentre nel luglio del 2016 Mikhail Konovich, leader del Komsomol, aveva subito una violenta aggressione mentre distribuiva volantini politici. Nel 2018, assieme al fratello Aleksandr, ha subito un altro attacco, fino all’arresto del marzo 2022. Un altro caso conosciuto è quello di Andrey Sokolov, detenuto illegalmente negli scantinati  del palazzo di Mariupol nel 2016. Fino al momento del suo rilascio, avvenuto nell’ottobre dello stesso anno, non si aveva nessuna sua notizia.

Secondo l’ultimo bollettino della Procura generale ucraina, pubblicato su Facebook in data 30 aprile 2023, dall’attacco russo sono stati avviati 8089 casi di “violazione dell’integrità territoriale”, lo stesso articolo 110 del codice penale per il quale Alla Aleksandrovskaya era stata detenuta senza processo nel 2016. Quello che sappiamo è che questa fattispecie di reato è stata utilizzata prima del 24 febbraio 2022 per arrestare gli oppositori politici sospettati di “separatismo”. Con la recrudescenza bellica la persecuzione può soltanto essersi intensificata e  c’è da pensare che buona parte degli oltre 8000 indagati e detenuti siano in realtà oppositori politici, con buona pace per gli chi ancora crede nella “giovane ma limitata democrazia ucraina” che resiste per difendere il giardino europeo dall’”autocrazia” e dall’”autoritarismo” della Russia.

 

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