di Paolo Desogus*
Le reazioni scomposte e piagnucolose di Repubblica, dopo le contestazioni di Napoli al direttore Molinari, descrivono in modo chiaro e inequivocabile la discesa negativa del giornale, da tempo ridotto a fogliaccio di propaganda, a rubrica di invettive e schiamazzi (come quelli quotidiani di Cappellini e oggi persino di Augias) contro chi si azzarda ad avere un pensiero differente, soprattutto sulla guerra in Ucraina e su quella in Palestina.
La regressione di Repubblica descrive però anche il tracollo morale e culturale di quella borghesia "illuminata e progressiva" che è cresciuta insieme a questo quotidiano. Mi riferisco a quella parte di paese scolarizzata e cosmopolita che occupa posizioni nel mondo della scuola, dell'università o che comunque svolge mestieri intellettuali e che per molto tempo si è posta come modello della buona sinistra. Questa parte di paese ha vissuto il suo momento più fortunato negli anni del berlusconismo, ovvero negli anni in cui si è proposta come rifugio dalle volgarità dell'italietta che rifletteva se stessa nei programmi televisivi di Canale5.
Mentre si opponeva a Berlusconi ed elaborava stili e modi esistenziali alternativi alla destra, questa sinistra intellettuale e benestante si distaccava però dei ceti popolari e si appropriava di istanze politiche di tipo neoliberale, sempre più incompatibili con le lotte sociali e con il conflitto di classe. Ora, invecchiata e invelenita questa presunta sinistra non coltiva altro che la difesa dei propri privilegi attaccandosi ai baluardi del proprio recente passato e dunque anche agli equilibri geopolitici che ne hanno garantito l'esistenza, quelli culturalmente e politicamente imperniati sull'euroatlantismo di Biden e Von der Leyen.
La falsa coscienza di questo ceto sociale, sempre più residuale e incapace di elaborare una visione del mondo collettiva, si esprime nell'ipocrisia di Repubblica, nel suo razzismo antipalestinese e nella sua rappresentazione falsata della guerra in Ucraina. Si esprime anche nel sostanziale disprezzo verso le necessità dei ceti popolari e in tutto ciò che possa solo lontanamente mettere in discussione la sua visione del mondo. Ecco perché si sorprende e reagisce con toni esasperati di fronte alle contestazioni verso il direttore Molinari.
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