Il 7 ottobre 2001 aveva inizio l'invasione Nato dell'Afghanistan, l'inizio della fine dell'imperialismo unilateralista del Trattato atlantico diretta espressione degli ordini di Washington.
Intorno alle 20.45 ora locale gli Stati Uniti di George W. Bush e la Gran Bretagna di Tony Blair danno il via ai bombardamenti sulla capitale Kabul e su Jalalabad. Poi alla guerra parteciperà gran parte dell'Occidente.
Come sempre la prima a morire è stata la verità. E 20 anni di fake news e di crimini occidentali dopo, la Nato è stata costretta alla fuga e nel paese sono tornati i Talebani. Secondo il report del Watson Institute, 241mila persone sono morte come conseguenza diretta di questa guerra. Cifra che non include i decessi causati da malattie, perdita di accesso a cibo, acqua, infrastrutture o altre conseguenze indirette della guerra. Solo gli Stati Uniti per questi 20 anni di crimini hanno speso 2,261 trilioni di dollari, che non includono i fondi che il governo degli Stati Uniti è obbligato a spendere per l'assistenza a vita per i veterani americani di questa guerra.
Ma i numeri non danno idea del collasso vero perché manca qualcosa nell'analisi.
I numeri non dicono tutto.
Un libro, edito dalla nostra casa editrice, "Simposio Afgano" di Michelangelo Severgnini, realizza un passaggio tanto semplice ma mai compiuto fino ad oggi proprio per le derive colonialiste congenite in tutte le trattazioni del tema: dare voce solo ed esclusivamente al popolo afgano. Sono loro i protagonisti di questo libro, i loro dialoghi a distanza vi daranno uno spaccato inedito del paese.
L'Autore ne parla con il giornalista Fulvio Scaglione e un collegamento dall'Afghanistan. Qui il video:
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